La favola di Fabio Adimino

Un ragazzo rispettoso con l’aria da Humprey Bogart

Fabio Adimino è nato il 27 luglio del 1973. Ha due meravigliosi figli “Federica ed Antonino” ed un’adorabile moglie Maria Grazia Ferraro. Mister Fabio è impiegato presso la ditta Mirto, ma precedentemente ha lavorato per i solenni cazzi suoi; ha studiato presso la strada, maestra della vita.

Fabio è figlio del mitico Antonino Adimino, fratello maggiore di cinque figli tra i quali “U Biunnuliddu” che vendeva la frutta vicino l’attuale caserma dei vigili urbani monrealesi e la sagrestia della parrocchia di S. Castrense. Antonino Adimino è stato, dopo il grande Peppino Millipanzi, il più grande virduraro monrealese; andava a verdura e la rivendeva al mercato di Ballarò. Peppino Millipanzi è stato uno dei primi monrealesi del ramo ad essere operativo e costante nel suo lavoro, ma non esportò mai la sua verdura. Antonino Adimino era sposato con la signora Maria Modica figlia del mitico zio Michele Modica, titolare di un forno famoso in via Odigitria e trasferitosi in secondo tempo in via Antonio Veneziano. Mio padre Titì Caputo forniva la farina a don Michele Modica che dopo il pane, lo sfincione, brevettò per primo i biscotti di Monreale, un autentico marchio dop e doc brevettato dal figlio e dai nipoti. Antonino Adimino è deceduto il 21 dicembre del 1999.
Fabio Adimino è molto amato dai monrealesi perché è rispettoso, umile ed educato; questi tre aggettivi lo qualificano profondamente e lo rendono affascinante alla Bogart. Nella foto che ho scelto per presentare questa favola c’è l’aria frizzante e magica di Casablanca con un Humphrey Bogart ed Ingrid Bergman superlativi. Nei miei rapporti interpersonali, confesso una mia straordinaria carica di simpatia e stima verso Fabio. Mi diverto insieme a Piero Capizzi a categorizzarlo “Re della Monnezza”. Con Fabio, oltre i fondamentali della vita legati al vecchio sistema dei nostri valori, mi accomuna la passione sfrenata per Gesù di Nazareth. Ho spiegato spesso a Fabio che ho fatto per 50 anni il mio viaggio dietro la vara del Crocifisso Gesù, non sentendomi assolutamente legato alla chiesa cattolica, ma esclusivamente legato alla certezza angosciosa del mio concetto di fede non utilitaristico. Non mi sono mai sbattuto il petto per implorare grazie e miracoli, né tantomeno ho incolpato Gesù ed il suo Padre Celeste, allorquando ho ricevuto mazzate, furti, sottrazioni dalla puttana moira del nostro destino. Le mie cicatrici, il mio dolore, la mia amarezza restano scolpite nel mio cuore come la pietra lavica, il sale che dilava perpetuo come il panta rei di Eraclito.

Fabio mi stupisce di continuo con i suoi effetti speciali legati alla vera ecologia nella raccolta dei rifiuti. Mi sussurra sempre che a costo di mangiarsela, lui la monnezza la vorrà sempre conferire nell’obitorio della monnezza. Ama cantare a squarciagola ed arrostire dal vivo sulla brace di tutto e di più. In coppia con Tonino Ganci sfondano il monitor, perché sono originali e non maledette fotocopie o cloni che affollano la nostra società civile, ripetendo il maledetto mantra del tutti contro tutti come gli uomini qualunque, i nuovi quaquaraquà della vita loca.
Quando mi ritrovo con Fabio e Tonino, respiro aria pulita, sapore di banchetti conviviali alla Petronio Arbiter, tanto Satyricon , eleganza e trivialità, sfottò violenti ma mai volgari e unidirezionali. C’è il contrappunto finale alla Pirandello con “Ma non è una cosa seria”, c’è l’atmosfera incredibile alla Pasolini ed i suoi ragazzi di strada. Adoro le persone che si sono formate, adottando la strada come vera maestra della vita. Certamente dopo la strada, ognuno di noi si è formato in altre palestre di studio rigoroso ed intenso. In conclusione, quando Fabio Adimino boccheggia non raglia mai né maledice l’afa o il freddo, vuole solo arrostire cibi sulla brace e cantare modulando al ritmo di una salsa cubana scatenata.
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