I pagamenti dell’assegno di mantenimento alla ex coniuge sono irregolari, ma il giudice lo assolve

Protagonista un monrealese, per il quale, secondo il giudice, il fatto non costituisce reato

PALERMO, 20 febbraio – Corrispondere l’assegno di mantenimento all’ex coniuge è certamente un obbligo di legge, ma se le condizioni economiche non ne consentono la regolare erogazione, il reato non c’è. Soprattutto se non viene meno l’assistenza affettiva.

È quello che ha sostenuto la seconda sezione penale del tribunale di Palermo, per mano della giudice monocratica Maria La Scala, che ha assolto M.S., monrealese, che era stato citato in giudizio dalla ex moglie perché sarebbe venuto meno al suo obbligo di versare alla donna le somme stabilite al momento della separazione, nella fattispecie 350 euro mensili.

L’uomo, assistito in giudizio dall’avvocato Piero Capizzi (nella foto), è stato assolto perché il fatto non costituisce reato. Una decisione che si presenta in linea con gli ultimi orientamenti giurisprudenziali dettati dalla Cassazione, secondo i quali il venir meno della corresponsione dell’assegno non comporta una condanna in automatico, ma le situazioni vanno valutate di volta in volta, tenendo conto delle condizioni contingenti.
Ad M.S., in pratica, che dalla moglie si era separato nel 2010, il tribunale, come detto, aveva imposto l’obbligo di erogare mensilmente alla donna la somma di 350 euro al mese, per mantenere il figlio, ai tempi minorenne.

L’uomo, però, non avrebbe ottemperato con regolarità a quanto stabilito dal giudice, motivando questo fatto con una condizione lavorativa non stabile, che gli avrebbe determinato difficoltà finanziarie tali da non poter presentarsi mensilmente con la somma necessaria. Malgrado ciò, però, come è emerso nel corso del dibattimento, non avrebbe fatto mai mancare la sua presenza paterna al figlio, prendendosi cura delle sue esigenze, sopperendo, in questo modo, alle irregolarità dei pagamenti. E quest’ultimo particolare si è rivelato decisivo per evitargli la condanna, facendo propendere il giudice per la sua assoluzione.