Si salvano per soli tre giorni e per l’assenza di un cartello: assolti due autotrasportatori monrealesi

Un espediente tecnico evita loro la condanna

MONREALE, 9 novembre – A “salvarli” sono stati tre soli giorni e la mancanza di un apposito cartello. Due espedienti tecnici che hanno consentito a due autotrasportatori monrealesi, padre e figlio, di essere assolti da due accuse che gravavano sulla loro testa.

Protagonisti di questa vicenda S.P. ed F.P. rispettivamente 61 e 30 anni, come detto padre e figlio, che il 23 aprile del 2018 erano stati fermati dai carabinieri di Monreale, in piazza Guglielmo a bordo di un Piaggio Porter, un mezzo utilizzato per piccoli trasporti di materiale ferroso. Il controllo dei militari aveva appurato che alla guida c’era il padre, al quale in realtà la patente era stata revocata nel 1988 e che quasi due mesi prima, per la precisione il 27 febbraio dello stesso anno, era già stato pizzicato per la stessa ragione. Per questo doveva rispondere del reato di guida senza patente con l’aggravante della recidiva.
Il mezzo, inoltre, era di proprietà del figlio, F.P. e non avendo copertura assicurativa, già nel corso dell’infrazione precedente era stato sottoposto a fermo amministrativo. Il giovane, nella qualità di custode, essendone il proprietario, pertanto doveva rispondere di violazione dei sigilli che erano stati disposti per il mezzo.
In sede processuale, con il rito abbreviato, il pubblico ministero non era stato affatto tenero, soprattutto con il figlio e per lui aveva chiesto una condanna a due anni e 400 euro di sanzione pecuniaria. Decisamente più lieve la condanna richiesta per il padre: due mesi di arresto, ma ben duemila euro di ammenda.
La difesa, però, nella persona dell’avvocato Piero Capizzi (nella foto), ha sostenuto la tesi della mancanza della recidiva, requisito essenziale perché i fatti contestati ai due autotrasportatori potessero diventare oggetto di un processo penale, considerato che il reato, già nel 2016, era stato depenalizzato.

Perché si potesse agire penalmente, infatti – è stata la tesi difensiva – sarebbe stato necessario che la prima violazione fosse diventata irrevocabile, quindi non più appellabile presso il Giudice di Pace o il Prefetto. In pratica: dopo 60 giorni. Ma questo lasso di tempo non era ancora trascorso, seppur per soli tre giorni. Quindi la prima violazione tecnicamente non era ancora definitiva. Ecco perché è venuta meno l’impalcatura della recidiva.
Inoltre, per quanto riguarda il reato contestato al figlio, perché i sigilli fossero realmente efficaci, sarebbe stato necessario che l’autorità giudiziaria avesse apposto un cartello che ne illustrasse lo stato. Cosa che non è avvenuta. Anche in questo caso, pertanto, la tesi della recidiva non ha retto.
Per queste ragioni S.P. (il padre) è stato assolto dal Gup Maria Cristina Sala perché il fatto non costituisce più reato, mentre F.P. (il figlio) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.