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La love story finisce in tribunale: monrealese condannato a otto mesi

| Enzo Ganci | Nera e giudiziaria

L’accusa era quella di tentata violazione di domicilio, poi “mitigata” in tentata violenza privata

MONREALE, 25 aprile – Quella casa era il nido d’amore per una coppia che tra quelle mura consumava quotidianamente la propria relazione di passione. Non era quindi solo l’abitazione di lei. Con questa motivazione per E.P, un monrealese di 38 anni, è venuta meno la gravissima accusa di tentata violazione di domicilio, derubricata in una ben più leggera tentata violenza privata.

La storia sembrava una di quelle che a volte si vedono nei film e che invece si è trasformata in una vicenda giudiziaria, finita prima con le manette e poi in un’aula di tribunale. È quella che ha visto protagonista, dicevamo, E.P. un monrealese di 38 anni, che aveva allacciato una storia con un’avvenente ragazza straniera, residente nella cittadina, con la quale, da diversi mesi, aveva avviato una love story. La vigilia di Pasqua, però il fattaccio: lui va a trovarla a casa, nel quartiere Bavera e i due litigano per motivi di gelosia. La cosa lo manda su tutte le furie, tanto che comincia a dare in escandescenza, scagliando pure pietre contro la grata che chiude l’appartamento. La ragazza si intimorisce e chiama i carabinieri che lo colgono il flagranza e lo arrestano con la grave accusa di tentata violazione di domicilio, pluriaggravata dalla violenza, sia sulle cose che sulla persona. Un reato sanzionato dal codice penale con una pena che va dai due ai sei anni di reclusione. Al momento dell’udienza di convalida, tenuta il giorno di Pasquetta, il giudice monocratico Nicola Aiello, della quinta sezione penale del tribunale di Palermo, prima di rinviare l’udienza di merito, sottopone E.P. al regime dei domiciliari con il braccialetto elettronico.

Ieri, però, la svolta. Al processo, celebrato da remoto, stanti le restrizioni anti-Covid, per il giovane la situazione di alleggerisce di molto. Il suo legale, infatti, l’avvocato Piero Capizzi, che aveva condizionato la celebrazione con il rito abbreviato ad un’attività istruttoria ulteriore, sostiene come il giovane non ritenga la casa della ragazza brasiliana “un domicilio altrui”, ma come quello in cui la coppia aveva stabilito la sede della loro relazione. Ipotesi confermata dalla donna ed accettata da magistrato.
Per il monrealese, quindi viene meno l’accusa di tentata violazione di domicilio e si configura quello ben più leggero di tentata violenza privata che porta il giudice Aiello a condannarlo a “soli” otto mesi, con pena sospesa.
Per avere fatto venie meno una gravissima accusa – ha affermato il legale – ci riteniamo parzialmente soddisfatti, ma è chiaro che non appena conosceremo nei prossimi giorni le motivazioni della sentenza presenteremo ricorso in appello, convinti come siamo di poter far decadere in quella sede anche l’ipotesi accusatoria per la quale E.P. è stato oggi condannato”.

· Enzo Ganci · Editoriali

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