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La Bavera, un luogo ricco di storia monrealese

| Benedetto Rossi | L'opinione
fumetto di Benedetto Rossi

Gentile Direttore, nei giorni scorsi ho avuto il privilegio e il piacere di essere tra i relatori della presentazione del libro "Infanzia alla Bavera" di Salvatore Cangelosi che si è tenuta alla Biblioteca comunale e oggi sento il desiderio di condividere alcune riflessioni con i suoi lettori.

Voglio rivolgere i più sentiti ringraziamenti a Salvo Cangelosi per avermi coinvolto in questa iniziativa e per i suoi scritti, che hanno arricchito e allietato moltissimi momenti delle mie giornate.
Una nota di carattere personale: l'amicizia con Salvo è un'amicizia un po' atipica. I nostri padri sono stati grandi amici, con la comune passione per i pupi e per l'opera dei pupi.
Ho cominciato ad apprezzare lo stile narrativo di Salvo grazie al compianto Sergio Mammina, il quale, avendo saputo dell'iniziativa del circolo Italia in memoria di mio padre Enzo Rossi, mi inviò una mail con alcune pagine del libro, "Collezione privata Scrittori, persone e libri" edito da Torri del Vento Edizioni, nel quale Salvo, scrivendo del noto medico e antropologo Antonio Pasqualino, uno dei più prestgiosi studiosi dei pupi e del teatro dei pupi, in visita in libreria, racconta di mio padre e del suo laboratorio di pupi a Monreale visitato insieme al padre e delle sensazioni provate alla visione di alcune marionette senza armature - le ossature in legno - che egli paragona a tanti impiccati e alle mummie delle catacombe. Pagine che Salvatore lesse proprio quel pomeriggio al circolo Italia.

Da quel momento la nostra amicizia si è consolidata e con essa la stima reciproca. Il riferimento ai pupi e al teatro dei pupi è quasi una costante nei suoi scritti specialmente quando parla di suo padre. In “Infanzia alla Bavera” Cangelosi evoca con magistrale capacità suoni, odori, sensazioni e ricordi di un luogo, il quartiere della sua infanzia e di un tempo ormai scomparso. E lo fa aprendo il cassetto dei ricordi. Scrive di personaggi quasi del tutto dimenticati, esaltandone pregi e debolezze: gente umile che affronta con grande dignità i travagli della vita.
Dal suo osservatorio di bambino dalla spiccata curiosità egli scruta e registra tutta una serie di momenti, di pratiche e di fatti, che descrive con una capacità evocativa unica. Come una sequenza filmica in bianco e nero proiettata da un vecchio Super 8 scorrono a scatti e senza un ordine cronologico immagini di un mondo lontano e ormai passato.

Egli pensa e descrive le immagini tirate fuori da quel cassetto, fotogrammi in bianco e nero, cartoline riposte e conservate nella memoria, che è gradevole riprendere e osservare.
Ho spesso paragonato lo stile narrativo di Cangelosi ad un artista ritrattista, capace di tirare fuori dal soggetto che ritrae, aspetti dell'animo e della personalità.
E poi i vicoli, le strade e le case di una Monreale che fu. La Bavera, nell'immaginario collettivo è un posto da evitare, che invece Salvo descrive, dando ragione di un luogo ricco di storia.
Non tutto però è in bianco e nero; vi è un passo che desidero riportare: "Durante il suo passaggio, il capo pastore donava la ricotta a chi nella via ne aveva più bisogno. Si accendevano i fanali dell'illuminazione pubblica, la sua luce giallastra contornava uomini e cose in immagini slavate".
Veri e propri bozzetti non più in bianco e nero, ma a colori, sembra di essere davanti a un quadro di Van Gogh.

La macchina del caffè tutta cromata paragonata ad una cattedrale insieme all'affettatrice di colore rosso, il bar Granà tutto specchi e ottone e il ricordo nitido dei banconisti in divisa, eleganti con il farfallino nero sono le note squillanti di un memoir d'altri tempi.
Le ultime pagine sono davvero potenti, rappresentano la svolta, lo spartiacque tra i ricordi di una infanzia trascorsa alla Bavera con tutto il repertorio di personaggi e luoghi e l'anelito verso nuove esperienze, nuove scoperte, verso la città vista dall'alto.

Quelle figure che prima incuriosivano il Cangelosi bambino si svuotano "non mi dicevano più nulla", i monaci diventano tonache e barbe vaganti, perdono di significato. Quegli odori descritti diventano ripugnanti, quasi serrano la gola. E si chiede il perché di questo improvviso cambiamento.
Il libro termina con l'immagine della stazione, primo luogo visitato, contravvenendo alle rigide regole imposte dai genitori.
La stazione, luogo di arrivi e partenze, pianti e sorrisi, vita e morte - sono riflessioni di Cangelosi - il luogo più significativo, metafora di un nuovo corso, di nuove esperienze, di un viaggio verso un mondo inesplorato, verso il suo avvenire.

· Enzo Ganci · Editoriali

MONREALE, 15 settembre – Presentiamo oggi la nuova veste grafica di Monreale News, il nostro quotidiano, al quale diamo un nuovo look, un nuovo aspetto.

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