Carissimo direttore,
in questo nostro tempo così frenetico, caratterizzato da una notevole mole di informazioni, il rischio è quello di cancellare la nostra storia e il nostro passato. Il futuro stesso appare vago, confuso, indecifrabile.
Brancoliamo nel buio, afferma il sociologo Bauman e l'unica certezza è l'incertezza. Convinto che la conoscenza del passato è fondamentale per vivere il presente ed il futuro con maggiore consapevolezza ho accolto con vivo interesse “ Infanzia alla Bavera”, un prezioso lavoro pubblicato recentemente dal nostro concittadino Salvatore Cangelosi e che sarà presentato a Monreale il prossimo venerdì pomeriggio presso la biblioteca Santa Caterina. Cangelosi è uno scrittore che mostra di avere radici saldamente piantate nel territorio in cui è nato e cresciuto e che rivela uno spiccato senso di appartenenza alla sua comunità.
Ha trascorso gran parte della sua vita come libraio a Palermo dove ha maturato una grande esperienza dialogando con studiosi, intellettuali, scrittori fra i più rappresentativi della Palermo di oggi e dove si è conquistata l'amicizia di personalità come Ubaldo Mirabelli, Sovrintendente del Teatro Massimo o di Vincenzo Consolo, vincitore del premio Strega nel 1992. Autore già di alcuni lavori che hanno riscontrato l'apprezzamento di importanti critici letterari, in questa sua ultima fatica racconta esperienze che ha vissuto nei suoi primi dieci anni di vita nel quartiere della Bavera e recupera con la memoria personaggi che lo hanno affascinato descrivendoli con realismo ma anche con delicatezza e rispetto delle persone.
I luoghi dell'infanzia, infatti, non sono banali, privi di significato ma sono parte integrante della costruzione della nostra personalità. Di essi e delle prime esperienze restano tracce indelebili nel nostro vissuto e nella nostra memoria.
La Bavera raccontata da Cangelosi era e continua ad essere un quartiere arroccato nella parte alta della città, fatto di vicoli stretti ed angusti, “con abitazioni di due soldi, ricche di miseria e di privazioni”, ma anche dove si potevano rintracciare segni di uno spirito comunitario e di fraternità soprattutto fra gli anziani. I protagonisti del racconto sono persone umili che anch'io ho conosciuto durante la mia adolescenza e che avevo del tutto rimosso dalla mia memoria.
Ricordo il sordomuto che lavorava nella cava come spaccapietre “con le gambe arcuate, le braccia corte e forzute coperte di pelame tra il biondo e il rossiccio”, Nino il maestro di musica che suonava l'armonium pur essendo cieco, il droghiere don Mimì che vendeva pasta sfusa e dove si poteva comprare a credito, i paurosi boati che provenivano nei pomeriggi dalla vicina cava di pietra, il bidello della scuola “Pietro Novelli” Marchese “comicissimo e divertente” per la sua abilità di imitare il canto degli uccelli, il banditore che annunciava le offerte della carnezzeria Marotta, il vecchio postino Gelsomino che “arrancava ansimando dalle falde della salita delle Croci con il viso pallido e trafelato”, la maestra Gullo Messina che sapeva guardare più lontano degli altri ed era “indulgente, ma a volte anche intransigente e severa”, i cestai intenti ad intagliare e intrecciare le canne.
Questi e tanti altri sono i personaggi e gli episodi che i monrealesi abbiamo in gran parte dimenticato e che Cangelosi con il suo prezioso e convincente memoir, con una scrittura asciutta, ragionata, frutto certamente delle sue numerose e qualificate letture, ci invita a ripassare nel cuore.
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