La proposta arriva dall’associazione “Liberi di Lavorare”
MONREALE, 23 gennaio – Quella sera del 23 gennaio 1990, con la Mercedes crivellata di colpi di arma da fuoco, ancora la ricordano in tanti. La sera in cui, in via Benedetto D’Acquisto, fu assassinato l’ingegnere Vincenzo Miceli.
Un omicidio eseguito secondo modalità classiche di Cosa Nostra ad un uomo che si era opposto alle richieste estorsive dei boss e che per questo “meritava” la sentenza di morte.
A tarda sera i killer si avvicinarono alla sua vettura ed esplosero diversi colpi lasciando l’imprenditore sul sedile della macchina. Proprio in quel momento, non lontano da lì, a Palazzo di Città, in Sala Rossa, era in corso un importante vertice di maggioranza fra le forze di centro sinistra che allora reggevano le sorti del paese. A dialogare con il sindaco di allora, il compianto Enzo Giangreco, c’erano, tra gli altri, il segretario della sezione cittadina del PCI, Roberto Gambino, il vicensindaco Aurelio Di Nicola e l’assessore socialista Geppino Pupella, anch’egli scomparso.
A comunicare ai presenti l’accaduto fu il comandante della stazione dei carabinieri di allora, il maresciallo De Razza. Scattarono immediatamente i rilievi balistici delle forze dell’ordine, mentre sul posto giungevano i primi fotoreporter ed i cronisti di nera della stampa locale.
Dopo anni di depistaggi ed occultamento di prove, grazie alle rivelazioni di alcuni pentiti come Giovanni Brusca, Santino Di Matteo e Giuseppe Monticciolo, la verità venne a galla. L’uccisione di Miceli doveva essere di monito per tutti gli altri imprenditori che non volevano pagare il pizzo.
Oggi, a distanza di 35 anni, torna a fare sentire la propria voce l’associazione “Liberi di lavorare”, attraverso il proprio presidente Biagio Cigno, che chiede che a Vincenzo Miceli venga intitolata una strada “affinchè la memoria ed il suo ricordo possano essere da monito per le nuove generazioni”.
“A Monreale non esistono eroi di serie A o eroi di serie B – aggiunge Cigno – Per me il capitano Basile, il capitano D’Aleo, caduti nell’adempiere il proprio dovere, sono meritori al pari di Giuseppe La Franca e di Vincenzo Miceli, questi due ultimi imprenditori che si erano ribellati allo strapotere mafioso e per questo vennero uccisi”.