Altri mille di altri giorni

La Ferrari festeggia al Mugello il suo 1000 GP: la Rossa però delude ancora, orfana delle vittorie che l'hanno fatta diventare la Scuderia per antonomasia

MONREALE, 14 settembre - “Date ad un bambino un foglio di carta, dei colori e chiedetegli di disegnare un’automobile. Sicuramente la farà rossa”. Non esiste frase migliore che riesca ad incarnare la vera essenza della leggenda automobilistica per antonomasia, la Scuderia Ferrari. Un mito, nato dalla determinazione e dal sogno del suo creatore, l’immortale Enzo Ferrari, più di 90 anni fa, nel freddo inverno modenese.

Neanche l’audacia del Drake, come è stato soprannominato nel tempo, si sarebbe però potuta aspettare tutto il successo e il valore delle imprese che il Cavallino Rampante e i suoi alfieri si sarebbero portati a casa nel corso degli anni. Una storia senza eguali, che anno dopo anno, ha scritto pagine colme di vittorie e di trofei di ogni tipo e in ogni luogo, dalle gare Turismo alla leggendaria Targa Florio. Fino ad arrivare ovviamente alla categoria per eccellenza del motorismo, la Formula Uno. Se pensi alla Formula Uno pensi alla Ferrari, e viceversa. Un’eredità pesantissima, che comprende 16 titoli costruttori e 15 piloti, 238 vittorie, 228 pole position e 772 podi, raccolti in 1000 gran premi.

I numeri, spesso freddi e fin troppo razionali, a volte è impossibile ignorarli. Ed i traguardi hanno bisogno di essere celebrati. Anche se stiamo parlando di un marchio che non ha bisogno di celebrazioni, che nel corso della sua pluridecennale storia ha visto susseguirsi campioni e arrivare successi, che ha superato tragedie e momenti drammatici, che ha consegnato all’immortalità momenti ed uomini. Ma lo sport a volte dà, altre volte toglie. La Ferrari che si presenta ai nastri del suo millesimo gran premio, diciamo la verità, non è degna del nome che porta. Una macchina disastrata, un motore senza potenza, una squadra spaccata in due, una dirigenza che parla e basta e i fatti, quelli dove si trovano?

Si trovano nelle prestazioni scadenti di una scuderia che sembra persa, schiava del suo passato, che ha paura del futuro e viene schiacciata da un presente troppo brutto per essere vero. E questo lo si legge negli occhi. Negli occhi di chi quel Cavallino ce l’ha tatuato nel sangue, negli occhi dei meccanici che lavorano senza sosta, dai paddock di tutto il mondo alla fabbrica di Maranello, negli occhi dei due ragazzi che quella macchina, così bella e così pesante, la guidano al limite per cercare di uscire da un momento dove il rosso sembra nero. Sono gli occhi di chi ci crede, di chi se tutto va al contrario mette la retromarcia, di chi festeggerà più forte quando tornerà alla vittoria.

Sono gli occhi di Seb, di Charles, di tutta Italia e non solo, perché chiunque è un tifoso della Rossa. Sono gli occhi di Enzo, gli occhi della Ferrari. E allora auguri Cavallino, altri mille di questi Gran Premi. Altri mille di trofei da alzare al cielo, altri mille di cuori rossi che battono impazziti all’unisono dopo un sorpasso. Altri 1000 di altri giorni. Perché se quel bambino quella macchina l’ha disegnata rossa, un motivo ci sarà.