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La condanna del sangue

La condanna del sangue

Di Maurizio De Giovanni

Chi va dalla cartomante magari non è un intellettuale abituato ad affrontare i problemi guidato dalla ragione, ma è certamente una persona con gravi problemi personali, o familiari, o anche “solo” psicologici.

Perciò, nell’indagare sull’omicidio di Carmela Calise, cartomante del rione Sanità di Napoli, necessariamente Ricciardi si imbatte in un’umanità dolente, disperata, o accecata dalle passioni, o dettata dal bisogno impellente di denaro, o spinta dalla solitudine, o, come si capirà alla risoluzione del giallo, dalla condanna del sangue, cioè dall’eredità culturale e biologica ricevuta dai genitori.

Va detto che la vittima è anche usuraia in un quartiere di poveri che vivono di espedienti, perciò sono davvero molti gli indiziati e molte, di conseguenza, le storie in cui ci si imbatte prima di arrestare il colpevole.

Palermo - Memoria di una capitale

Palermo

Di Francesco Paolo Campione

Primavera del 1863. Un viaggiatore giunge a Palermo per studiare i tesori d’arte di quella che, fino a pochi anni prima, era stata una delle capitali del Regno borbonico. Qui vuole ritrovare la chiave per comprendere molti aspetti dell’arte passata e presente.

Ad accompagnarlo alla scoperta delle meraviglie di una cultura ancora sostanzialmente viva è il signor G., archeologo, studioso “di cose d’arte”, collezionista, buona forchetta e soprattutto incarnazione singolare dell’anima siciliana, anzi palermitana. Sotto la guida dotta e arguta di questo novello Virgilio, l’ospite scopre non solo chiese, palazzi, dipinti e sculture, ma anche i personaggi di un’epoca, i modi di vivere, di pensare e il cibo di questi luoghi. Ma quale città avrebbe trovato un viaggiatore approdato al porto della Cala 150 anni fa?

La collina delle farfalle

La collina delle farfalle

Di Barbara Kingsolver

Cambiamenti climatici? E chi se ne frega! Il problema ci incalza sempre più da vicino e tutti conosciamo le tragiche conseguenze dello scioglimento delle calotte polari, dello sconvolgimento delle correnti marine, del cambiamento dei biomi, dell’immissione sconsiderata dei gas serra nell’atmosfera.

Eppure le nostre abitudini quotidiane, come l’abuso dell’auto, della lavatrice, dei condizionatori, dei diserbanti, dei pesticidi, non sono minimamente scalfite da questa consapevolezza. C’è poi la malafede delle multinazionali che pagano i media per farci dubitare della correlazione esistente fra i gas serra e i cambiamenti climatici che abbiamo sotto gli occhi.

C’è l’asservimento dei media, ma anche delle agenzie di cultura e di formazione agli interessi delle multinazionali. C’è, anche più spesso, la superficialità del non voler fare 2 + 2.

Il senso del dolore

il senso del dolore

Di Maurizio De Giovanni

Cavalleria rusticana e Pagliacci sono due opere che vengono rappresentate nei teatri lirici generalmente nella stessa serata, perché brevi e perché entrambe incentrate sul dramma della gelosia.

Il libro ha anche il pregio di farci rivivere i momenti più alti di questi due capolavori del melodramma italiano da due punti di vista entrambi originali e intriganti: quello del parroco, don Pierino, appassionato melomane, che, giovandosi del favore dell’amico custode dell’ingresso ai giardini del San Carlo di Napoli, gode della rappresentazione da un’intercapedine alta fra le quinte e la scena e quella del commissario Ricciardi, estraneo al mondo della lirica, che, per condurre l’indagine sull’omicidio del tenore, è costretto ad addentrarsi in un mondo che lo affascina.

Panza e prisenza

panza e prisenza

Di Giuseppina Torregrossa

Romanzo giallo anzi “giallissimo” in una Palermo arroventata dallo scirocco poco prima del “Fistinu” di Santa Rosalia. Affrontiamolo con cautela questo romanzo, prendiamolo con le “pinze” così non ci scottiamo, sì, perché il fatto è oscuro, torbido, nascosto, si potrebbe azzardare, un caso da lasciare affondare nella sabbia mentre soffia il vento caldissimo e senza tregua.

La prima cosa che ci colpisce è il titolo: “Panza e Prisenza”, avremmo quindi bisogno di un’immediata spiegazione. Cosa significano queste due parole? Niente paura! Ecco l’avvertenza dell’Autrice dedicata a chiunque non sia avvezzo alla lingua siciliana.

Ella scrive: "Se il lettore si sentisse scoraggiato dal titolo del romanzo, che - ci rendiamo conto - può suonare criptico, e temesse di imbattersi in parole altrettanto incomprensibili, vogliamo rassicurarlo: nel glossario in fondo al volume troverà tutte le spiegazioni".

Di Ilde ce n’è una sola

Ilde-Vitali

Di Andrea Vitali

Stavolta non siamo nell’era fascista, come accade in altri romanzi di Vitali, ma l’ironia verso il potere c’è sempre e sempre più feroce.

Stavolta, però, il potere non è quello dei gerarchi, ma quello dei ricchi, anzi degli arricchiti che credono di aver dominato il mondo, il presente, l’avvenire e tutti coloro che annaspano nella crisi del dopo-bum. Siamo infatti negli anni ’70 e il protagonista, Oscar, è un operario generico in cassa integrazione, alle prese con un bilancio casalingo che non è più in grado di controllare e far quadrare e con la moglie Ilde, dal carattere deciso e dalle idee molto chiare.

Vipera

vipera

Di Maurizio De Giovanni

Vigilia di Pasqua nella Napoli del 1932. Nella casa di tolleranza più esclusiva della città viene trovata uccisa Vipera, al secolo, Cennamo Maria Rosaria, la prostituta più richiesta. Le indagini si dipanano tra i mercati, le strade, i mestieri e i commerci più o meno leciti della città, vera miniera dell’ ispirazione narrativa.

Nel romanzo, lo snodarsi delle indagini si interseca fittamente con i sentimenti ugualmente intensi, ma profondamente diversi delle due donne che si contendono l’amore di Ricciardi: Enrica, semplice ragazza ricamatrice che ci ricorda la pucciniana Mimì, che prende lezioni di cucina dalla governante di Ricciardi, pregustando un pranzo pasquale insieme al suo amato, durante il quale, prendendo il coraggio a quattro mani, gli dichiarerà il suo amore, e Livia, ricca vedova romana (che ci ricorda Tosca. Grazie, Puccini!) palesemente innamorata di Ricciardi che l’ha umiliata al ristorante davanti al dottor Modo.

Il giorno dei morti

giornodeimorti

Di Maurizio De Giovanni

Il commissario Ricciardi ha il dono (o la disgrazia) di sentire il dolore dei morti di morte violenta e di ascoltarne le ultime parole. A Napoli viene trovato morto su un gradino un bambino orfano, poverissimo e senza parenti.

La città (o, meglio, la parte ricca, fascista e serva del regime) si prepara all’imminente visita ufficiale del Duce e gli alti gradi della polizia vogliono concludere subito le indagini, affinché il personale possa dedicarsi all’organizzazione minuziosa dell’evento.

Ma Ricciardi non se la sente di bollare come “morte naturale” la fine improvvisa di un bambino indifeso e solo al mondo. L’indagine prende avvio dal cane, unico amico del bambino, che non lo lascia e che istintivamente segue Ricciardi, sentendolo amico.

L’analfabeta che sapeva contare

analfabeta

Di Jonas Jonasson

Siete stanchi, sfiduciati, il mondo non vi capisce più e soprattutto voi non capite il mondo? Anelate ad un’evasione, almeno mentale, dalla routine e dai problemi che puntualmente si presentano al vostro cospetto anche quando pensate che ormai tutto è risolto e appianato?

Bene, non perdete tempo con pensieri funesti, ma procuratevi un libro di Jonas Jonasson e leggetelo al più presto. Sicuramente un libro non è la panacea di tutti i mali, ma quando si riesce a sorridere la vita cambia prospettiva e la nostra disposizione mentale rinvigorita dall’allegria, sopporta meglio tutto.

“L’analfabeta che sapeva contare” è il secondo romanzo di questo fecondo autore svedese.

All’ombra dei fiori di jacaranda

All-ombra-dei-fiori-di-jacaranda

Di Rosalba Perrotta

Arabella rimane orfana da piccola, a causa di un incidente occorso ai suoi genitori e viene affidata alla ricchissima ed eccentrica zia Colomba. Siamo a Catania, negli anni ’50 e le idee libertarie, i comportamenti discutibili, i viaggi, le frequentazioni della zia fanno molto chiacchierare una città pervasa di perbenismo, di morale cattolica, di ipocrisia e soprattutto forgiata al ferro e al fuoco del maschilismo più pericoloso: quello accettato, trasmesso, praticato e predicato dalle donne per bene dell’epoca.

La piccola Arabella, però, trae vantaggio dall’ambiente in cui la zia le consente di crescere: apprezza la bellezza delle numerose opere d’arte di cui la casa è ricca, si forma una propria opinione autonoma delle persone e delle cose, matura senso critico e artistico e impara ad analizzare senza giudicare e senza condannare le altrui opinioni e gli altrui comportamenti.