La fantastica favola di don Angelo Di Nicola, detto ''Linticchiedda''
Restituire alla vita di memoria, dopo la sacra cerimonia della commemorazione dei nostri cari defunti del 2 novembre scorso, è un lieve passo di una danza caraibica destinata a durare eternamente nel tempo che verrà, se questo tempo mafioso non soccomberà al nulla eterno di paganesimo tetro e senza frontiere.
Essendo un seguace e discepolo di Gesù di Nazareth, sono profondamente convinto che la storia di tutto il nostro pianeta Terra, sarà teneramente custodita nell’archivio storico della Biblioteca di Andromeda, curata da Sant’Agostino e da San Pietro che custodiscono la preziosa chiave d’ingresso a tutte le storie delle nostre famiglie e di tutta la civiltà del nostro Pianeta Terra, scientifica e letteraria. Quando scrivo le mie favole dedicate agli uomini veri, umili, talentuosi della mia Monreale, perdo in media due chili della mia massa corporea. Nel codificare la favola odierna dedicata ad un personaggio mitico tra i grandi commercianti monrealesi, ho perso tre chili. Ricordare Don Angelo Di Nicola, il più grande tra i commercianti ed esperto di carne tra i monrealesi, play-boy del tempo che fu, mi riempie il cuore di gioia e mi trasmette a distanza di anni, una carica adrenalinica eccezionale.
Debbo ringraziare e fare chapeau, per la collaborazione ed empatia, al figlio prediletto di Don Angelo, ovvero il mio fraterno amico, professore Aurelio Di Nicola. Aurelio, filosofo e docente, si è congedato come Preside dall’ITI e si gode la sua pensione in compagnia della moglie Mariella, dei figli talentuosi Donatella ed Angelo e dei nipoti generati dai suoi figli. Posso confermare ed attestare pubblicamente che questa mia nuova favola l’ho scritta quasi a quattro mani con Aurelio, un prosatore fantastico che conosco da 61 anni. La favola di Don Angelo Di Nicola ha intersecato amorevolmente la mia vita perché l’ho conosciuto a 12 anni e fino al 1987 sono stato suo ospite assiduo nella sua villa di San Martino delle Scale. Mi accoglieva sempre con un sorriso smagliante e mi sussurrava: “Oggi sarai mio ospite a pranzo!”. Don Angelo mi ricorda mio Padre Giovan Battista Caputo grande commerciante e Play Boy alla James Dean di Gioventù Bruciata. A differenza di mio padre, Angelo Di Nicola realizzò un grande patrimonio immobiliare. Purtroppo, l’orologio della nostra vita non è sincronizzato con la storia quotidiana che ci attraversa come un maledetto TIR e ci stende a bordo ring. Aurelio nel suo primo approccio alla favola del padre, mi ricordava il triste pensiero del Tuam Nescis, scolpito a chiare lettere sull’orologio della cattedrale di Monreale. Ho risposto con genuino candore: “D’accordo Aurelio, non conosciamo l’ora del finale della nostra vita, ma nelle more viviamo all’insegna del carpe diem oraziano e delle nostre compulsioni affettive, amorose, letterarie, filosofiche e comuni al genere umano. Tuo nonno Totò Di Nicola amava il Tabarin e le belle donne, si è divertito da matto ed è stato il vostro capostipite”. Nessuno di noi sarà ricordato come uomo, scrittore, filosofo; resterà, per qualche secolo, l’atto di nascita di uomini nati in perfetto anonimato rispetto alle generazioni che verranno nei secoli posteriori. Se diventi un grande scrittore che vende due milioni di copie del suo libro, sarai ricordato per almeno tre secoli.
E’ venuto il fatidico momento di parlare della fuitina di Don Angelo Di Nicola, avvenuta il 31 ottobre del 1934, vigilia di Ognissanti ed ante vigilia della festa dei morti. Don Angelo aveva compiuto 19 anni quando architettò la mitica fuitina; la futura moglie Pina aveva compiuto 20 anni. Travolti da un fatidico destino, la giovane coppia dopo milioni di zum, zum, zum, generò quattro figli, Salvatore, Antonia, Benedetto ed Aurelio. Ad eccezione di Salvatore, tutti i figli di Don Angelo sono vivi e vegeti ed hanno generato tanti figli. Personalmente sono legatissimo a Pinuccia Salamone, figlia di Antonia Di Nicola e Lorenzo Salamone. Pinuccia è stata il grande amore di Piero Giaccone, un amico fraterno che ho amato intensamente; ho pianto una vita per la sua tragica fine. Con Piero, amatissimo da Don Angelo, abbiamo fatto tanti viaggi insieme ed in giro per l’Italia. Pinuccia e Mariella, moglie di Aurelio, sono state le Sherlock Holmes nel pedinamento di Don Angelo e della sua amante, chiamata la Casta Diva dalla signora Pina. Malgrado appostamenti e pedinamenti, la Casta Diva soffierà a Don Angelo 5.000.000 delle vecchie lire.
La tenerezza di questa mia favola naviga su di un oceano in gran tempesta, dove i protagonisti se ne infischiavano dei soldi elargiti alle donne per le loro prestazioni. Don Angelo è stato anche nel consiglio di amministrazione della vecchia Cassa Rurale ed Artigiana di Monreale. Nel finale di questa favola, amerei sintetizzare un pensiero romantico carico di affetto e stima verso Don Angelo Di Nicola: Carissimo Don Angelo sei stato un mito tra legalità e vita vissuta all’insegna dell’amore, della estrema generosità verso i tuoi figli e i tuoi nipoti, dell’avventura e del tuo essere stato il caposcuola nella tua attività commerciale. Dal pesce che vendevano i tuoi nonni a Terrasini , hai marcato il tuo territorio monrealese senza badare a spese, animato soltanto dalla tua professionalità in un mestiere difficile e complesso. A furia di pensarti in queste mie giornate lunghe e noiose per questa porca pandemia, ho ripensato tutta la mia vita interamente dedicata all’amore senza limiti che resta l’unico atto creativo del nostro essere uomini davvero. Ci rivedremo tutti su Andromeda tra 30 anni.
Copyright ©BY Salvino Caputo
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