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Prima la democrazia

| Giuseppe Leto | L'opinione
fumetto di Giuseppe Leto

Le turbolenze planetarie agitano il mondo politico ed in questo contesto profondamente turbato ciascun partito sventola il proprio vessillo, predica la sua verità, accarezza il suo opportunismo.

Pace, libertà, giustizia sociale, sanità, lavoro, democrazia, sicurezza sono le parole che si affollano, rimbalzano e si rincorrono; attorno alle quali la demagogia disegna la sua trama che genera un clima che dal panico degli apprensivi oscilla fino all’indifferenza degli irresponsabili.
In siffatto contesto, minaccioso per le sorti delle future generazioni e dell’intero pianeta, è necessario lucidare le antenne della ragione, temprare la saldezza dei nervi, tenere presente che questi valori costituiscono un sistema, motivo per cui è necessario individuare quale fra queste sia la parola basilare, la piattaforma senza la quale tutto il castello dei valori cari al popolo crolla, quale fra queste è il minimo comun denominatore da tutelare pregiudizialmente.
E la parola che a mio avviso sta alla base dell’intero sistema è: democrazia.

Quello democratico, patrimonio della cultura europea, è l’unico sistema che affida ad ogni individuo la responsabilità della scelta dei governanti e degli indirizzi politici.
Esso è inviso agli autocrati, ai dittatori, ai potentati economici, perché limitativo della loro azione speculativa.
Questo sa bene Putin che perciò sferra l’attacco alle democrazie europee da oriente. Questo sa bene il potere economico che manovrando l’effetto ipnotico dei media esce allo scoperto e trascina gli USA da baluardo a battistrada della demolizione delle democrazie. Questo purtroppo sfugge alla stupidità dei nazionalisti e dei sovranisti delle destre nostrane ed europee che dall’interno le minano.

Qui risiedono le ragioni dell’accerchiamento delle democrazie dell’Europa, da qui nasce l’attacco alle sue impalcature, alle pastoie del suo armamentario che fa appello alle sorti del pianeta, della pace, della libertà, della giustizia sociale, del lavoro, della sicurezza, della sanità, delle pensioni.
Ma ad insidiare le democrazie concorre anche la deludente offerta politica dei protagonisti che la rappresentano.
Politico è colui che sa vedere un palmo oltre il suo naso, statista chi ha la vista più lunga, mi diceva Mimmo Drago, maestro che mi ha avviato alla militanza politica. Oggi assistiamo purtroppo allo spettacolo di un ceto politico assorto nella contemplazione del suo ombelico, peraltro visto in forma sfocata.

Ed è questa la miopia che già in passato ha colpito la sinistra. Il riformismo, che già nel termine assume la valenza di una resa, di una implicita ammissione di ineludibilità di un altro sistema trionfante, è stato vissuto dalle masse popolari come una formula tiepida, inefficace a rintuzzare l’ingordigia di un capitalismo che dal 1989, data della caduta del muro di Berlino ad oggi, ha razzolato sulla giustizia sociale, sulla sanità, sul lavoro, sui risparmi della povera gente, sulle pensioni, che ha compromesso il pianeta.

Di fronte a questo scempio riformare non basta. Pur nel rispetto delle regole del mercato bisogna rivoltare i paradigmi. Non il benessere dell’uomo deriva dalla ricchezza prodotta, ma la ricchezza prodotta è funzionale al benessere dell’umanità. Questo è il senso autentico del dettato costituzionale che pone al centro dell’organizzazione sociale il lavoro.  E la rivolta in questo caso non si pone in termini di lotta cruenta contro gli altri fattori della produzione. Tutt’altro.

È necessaria una rivoluzione culturale che penetri nelle coscienze, un modo di approcciarsi alla realtà per cui la ricchezza legittimamente conseguita è benemerita, ma l’ostentazione del tacco 12 acquistato sottraendo i soldi alle pensioni della povera gente è un atto criminale e se fatto in Parlamento da un rappresentante del popolo è alto tradimento.
Come ammoniva Berlinguer occorre affermare il “valore universale della democrazia” non intesa in termini espansionistici ma di contenuti, di valore cioè che assomma tutti gli altri.

E la democrazia è il valore primario da difendere ad ogni costo. Da difendere dagli attacchi esterni tamponando oggi le falle imposte dall’emergenza e costruendo progressivamente sistemi che la pongano in sicurezza per se stesse ed a garanzia per i popoli che vi aspirano.
Da difendere, all’interno, dalle insidie dell’incultura democratica inculcandone i valori dalla più tenera infanzia fino alla lotta alla corruttela ed al clientelismo.
Spetta ad ognuno di noi la responsabilità di saperla coltivare, perché la democrazia è un fiore delicato; se non viene annaffiato appassisce, se non viene alimentato deperisce, se violentato muore.

· Enzo Ganci · Editoriali

MONREALE, 31 dicembre – Gli eccessi alimentari che caratterizzano le giornate in molte delle case del nostro territorio non devono farci distogliere lo sguardo da ciò che ci ha detto e ci ha lasciato quest’anno in eredità.

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