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La fatica di diventare grandi

| Stefano Gorgone | L'opinione
fumetto di Stefano Gorgone

Carissimo direttore,
recentemente ho accennato alle difficoltà che incontrano gli adolescenti nel rapporto con i loro genitori e, in generale, con gli adulti.

Ho sottolineato che l'adolescenza è una fase molto delicata in cui l'individuo inizia a costruire la sua identità, comincia a chiedersi quale sarà il suo posto nel mondo. Chi è abbastanza avanti negli anni ricorderà certamente che negli anni sessanta si è verificata una vera e propria frattura tra la generazione dei giovani e quella dei genitori. Fu molto diffuso il culto dei jeans, dei capelli lunghi, la passione per il rock, per i Beatles, Bob Dylan, artisti capaci di interpretare i sentimenti dei giovani, ma che gli adulti di allora non capirono e rifiutarono.

Vi sono, comunque, sociologi per i quali i conflitti tra le generazioni sembrano passati di moda. Genitori e figli si trovano molto vicini nei comportamenti e nel modo di guardare il mondo. In alcuni casi il rapporto tra genitori e figli si trasforma in un rapporto paritario, in una vera e propria amicizia. I genitori non sono più visti come rivali o come antagonisti, ma sempre più spesso come complici. Anche la vita sentimentale viene condivisa con i genitori; i giovani frequentano regolarmente la casa dei loro partner e il matrimonio viene continuamente rinviato anche per la difficoltà a trovar lavoro.

E' un atteggiamento di complicità che possiamo riscontrare anche nella difesa ad oltranza dei figli a scuola che a volte degenera anche in aggressione nei confronti dei docenti. La scuola tutta ha perso molto del suo carisma. Non è più vista con quel timore riverenziale che in un passato non troppo lontano caratterizzava il rapporto tra docenti e genitori. Meno regole e meno punizioni, ecco il motto dei genitori che sono molto protettivi e che, supportati spesso anche dai nonni, accompagnano i bambini a scuola quando frequentano la scuola primaria e la scuola media. Si tende a considerare ancora bambini coloro che hanno compiuto 14/15 anni, quando i nostri padri a quell'età erano già inseriti nel mondo produttivo. Sono genitori preoccupati solo di appagare ogni desiderio dei figli, di evitare loro ogni piccolo problema, di riempire la loro vita con mille attività. E' un modo spesso dannoso che li rende fragili, incapaci di acquisire la necessaria autonomia per far fronte alle inevitabili difficoltà che la vita presenterà loro.

I nostri figli stanno a lungo a casa e ci stanno bene. E' scomparso il periodo di apprendistato che anticipava in qualche modo l'ingresso nel mondo del lavoro e garantiva una indipendenza economica. E' scomparso pure il servizio di leva obbligatorio durante il quale i giovani abbandonavano le loro abitudini ed il calore familiare ed erano costretti a convivere per un anno con altri coetanei in condizioni non certo ideali. Era un lungo periodo di distacco dalla famiglia sicuramente fuorviante rispetto ai proprio progetto di vita ma era diffusa la consapevolezza che chi ritornava dal servizio militare era capace di sapersi assumere le responsabilità.

Secondo una recente ricerca del CNR la conquista dell'autonomia e il distacco dei figli dai genitori è molto più lento in Italia rispetto all'Inghilterra ed alla Germania. Il passaggio all'età adulta nel nostro Paese diventa, pertanto, molto faticoso e dall'esito incerto. In un tempo in cui nelle famiglie non si esercita più nessuna forma di controllo, dove non ci sono più limiti e regole, dove gli adulti si vestono e si travestono da giovani e gli adolescenti si comportano da adulti in miniatura, è doveroso chiedersi quando verrà per i giovani il tempo delle responsabilità.

· Enzo Ganci · Editoriali

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