La bellezza perduta di Poggio San Francesco

fumetto di Stefano Gorgone

Carissimo direttore,
martedì scorso mi sono recato a Poggio San Francesco, una località di montagna da sempre capace di affascinare per la serenità dell’atmosfera e la bellezza dei luoghi.

Certamente molti conoscono pure il centro Maria Immacolata, una struttura realizzata nei primi anni ‘60 per volontà dell’arcivescovo monsignor Francesco Carpino al fine di favorire la formazione del clero, del laicato cattolico e promuovere convegni, riunioni, corsi di studio. Al centro dello spiazzo esterno si erge verso il cielo una stupenda scultura bronzea alta poco più di tre metri, opera dell’artista monrealese Giuseppe Sardisco e nei pressi svetta il campanile alto 28 metri, visibile da molto lontano.
È un luogo dove mi sono recato più volte nel corso della mia vita perché ha rappresentato davvero un’oasi di pace e di silenzio. In un tempo in cui il frastuono delle città ci travolge con i suoi ritmi stressanti, si avverte a volte l’esigenza di cercare dei luoghi lontani per fermarsi un istante, scoprire che anche il silenzio interiore può essere una forma efficace di comunicazione, uno spazio vuoto per colloquiare con se stessi e provare a dare un senso pieno alla propria vita.


Poggio suscitava stupore e contemplazione. Ai nostri occhi si apriva uno scenario dominato da boschi rigogliosi che costituivano un prezioso polmone verde per i paesi vicini, da sorgenti di acqua fresca, da ciuffi di ginestra profumata e dove era possibile ammirare la mole del Castellaccio o la bella vallata. Non raramente gli amanti della montagna potevano essere sorpresi dal rumoroso frullo della pernice, della beccaccia o della quaglia,volatili ormai a rischio di estinzione. Poggio suscitava serenità ed allegria, aveva un carattere ed un’anima, un ritmo ed un colore.
Ora non è più così. Migliaia di ettari di boschi, frutteti ed oliveti sono andati bruciati ed alcune case sono state velocemente evacuate, la tradizionale fauna selvatica costretta a cercare altri ripari. Il silenzio è cupo e deprimente, regnano lo sconforto e la desolazione, i pochi cittadini ivi residenti manifestano tanta mestizia e forse anche la tentazione di abbandonare definitivamente il territorio.
E’ molto triste constatare che c’è un’umanità che distrugge e degrada.


Non mi pare eccessivo, allora, ribadire l’urgenza di dare segnali di impegno e di cambiamento per riportare la bellezza dove è andata perduta. Soprattutto le istituzioni devono provare a favorire con provvedimenti concreti una nuova cultura ecologica per contrastare il degrado socio-ambientale, promuovere con determinazione piani formativi per un’educazione delle nuove generazioni alla tutela dell’ambiente, ridare dignità e spessore al Corpo Forestale che sembra avere smarrito la propria ragion d’essere…
Un’occasione privilegiata di impegno concreto può essere data dalla prossima “ Giornata per la custodia del Creato” promossa dalla CEI nel mese di settembre e dalla “Settimana sociale dei cattolici” che avrà luogo a Taranto nel mese di ottobre, un evento che si propone di animare un processo, un movimento di popolo per contribuire ad invertire la rotta di tutto il Paese. Si tratterà di impegnarci tutti individualmente ma soprattutto comunitariamente per recuperare il senso estetico, la capacità di meravigliarci e contemplare il creato, affermare l’importanza dell’ambientalismo, contrastare la desertificazione umana e morale.
Lo dobbiamo a noi stessi, ma soprattutto alle future generazioni.