Carissimo direttore,
“Il povero porta sempre nel suo Dna la cifra di una dignità umana che nemmeno le difficoltà più grosse possono cancellare”, così mi ripeteva spesso monsignor Vincenzo Noto, scomparso il 18 dicembre 2013.
Onorarne la memoria è per me come fare un salto in un passato ricco di impegno, di passione, di speranza in una città più solidale.
Come direttore della Caritas monsignor Noto si adoperò con intelligenza e determinazione per renderla più funzionale ai bisogni del territorio e della diocesi. Ricordo bene il suo impegno per unificare le iniziative dei vari gruppi parrocchiali e per richiamare tutti ad una più corretta concezione della carità.
La Caritas non era soltanto la mensa per i poveri, pur importante, ma prendersene cura significava parlare con loro, guardarli negli occhi ed aiutarli a liberarsi della loro condizione. Monsignor Noto ha insegnato che non bisogna mai mettersi dietro la scrivania, ma occorre sedersi accanto a loro per cercare insieme una soluzione possibile, non per pensare per loro, ma con loro. Il povero non è un arido numero, ma dietro quel numero ci sono povertà, solitudine, umiliazioni, sacrifici che impongono capacità di compassione e condivisione, di farsi carico dei suoi sentimenti, delle sue sofferenze, delle sue speranze, delle sue delusioni. La sua anima profondamente missionaria lo sollecitò a prendere l’iniziativa, ad andare incontro ai lontani. Con entusiasmo e generosità si adoperò per la realizzazione di una scuola ed altre opere caritative in un villaggio della Tanzania. Egli privilegiò così una forma di carità non asettica e tiepida, ma creativa, appassionata, aperta al nuovo ed attenta alle esigenze più intime degli uomini.
In tal modo, monsignor Noto si dimostrò capace di scrutare i segni dei tempi, di volere andare verso le periferie esistenziali e contro la globalizzazione dell’indifferenza. In linea con quanto oggi viene auspicato da papa Francesco, seppe andare al di là del puro assistenzialismo o delle mere enunciazioni teoriche impegnandosi concretamente ad avviare processi ed allargare orizzonti.
Per contribuire concretamente alla costruzione di una città più giusta e solidale, monsignor Noto si adoperò anche per assicurare una solida formazione culturale e socio-politica ai giovani per una rinnovata classe dirigente. A tal fine, diede vita all’Istituto di Magistero sociale “Luigi Sturzo”, nella convinzione che la politica deve fondarsi su valori come la tensione etica, lo spirito di servizio, lo spirito comunitario. In tale circostanza ho avuto anch’io il privilegio di poter fruire delle lezioni di illustri studiosi e protagonisti della vita politica nazionale come Piersanti Mattarella. Furono preziose opportunità di educare alla “ migliore politica” di cui oggi si sente la mancanza e che, sempre per papa Francesco, deve essere capace di prendersi cura di tutte le fragilità e di ogni effetto sociale della cultura dello scarto.
Sono stato a fargli visita negli ultimi mesi della sua vita, un tempo segnato da una indicibile sofferenza. Eppure anche in quella circostanza mi stupì perché ancora coltivava progetti per il futuro della Caritas. Dopo la sua scomparsa la Caritas ha continuato a curare il coordinamento delle opere assistenziali, ad essere un riferimento certo per le persone più vulnerabili e fragili, per coloro che sono piegati dal dolore e dalla sofferenza.
Auspico che anche in questo difficile tempo di pandemia ed in prossimità del Santo Natale, l’esempio e la testimonianza di monsignor Noto possano continuare ad essere una guida per noi tutti affinchè i valori della condivisione, dell’impegno, del volontariato siano sempre più presenti nella nostra comunità.
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