La seconda favola di Franco Pepe e il furto delle panse’ e dei pesciolini

Difficile sfuggire alle ire di "Don Paolino"

Questa è una favola straordinaria, vera, autentica e paradossale. Non ho fatto sconti al mio pupillo Franco Pepe, ho solo raccontato la nuda e cruda verità di una mattinata vissuta alla Leoncavallo.

Nel marzo del 1983, alle 8 del mattino ero sempre puntuale al mio appuntamento d’insegnante presso il liceo classico Emanuele Basile diretto magistralmente, nella qualità di preside, dal mitico Fedele Cannici. Amavo passeggiare sul selciato della vecchia antivilla comunale di Monreale, prima di fare il mio ingresso mattutino nella mia sublime quinta ginnasiale sezione A ed esercitare la mia funzione di docente in materie letterarie (Italiano, Latino, Greco, Storia e Geografia). Mentre passeggiavo per ossigenarmi e predispormi benevolmente al duro mestiere di docente in una classe variegata di discepoli ribelli, incrociai sul mio percorso un ufo robot.


Mi avvicinai incuriosito e cercai di scoprire la sua identità fisica e di riferimento alla vita reale. Tastai e palpeggiai l’ufo robot per decodificare la sua vera identità; era imbottito inverosimilmente come un babbo natale, dalla testa ai piedi. Considerando che il naso dell’ufo-robot era l’unica parte anatomica libera e senza imbottiture, decisi di otturarglielo. Voce straziante: Salvino, sono Franco Pepe. Esplosi in una risata liberatoria e passai al contrattacco: “Franco Ribelle”, scatenato e senza freni inibitori, che cacchio ti sei inventato oggi?” “Salvino, professore amico e mio severo tutor, sono rovinato e rischio magistrali bastonate nell’odierna giornata”. Di rimando: “Chi ti vuole bastonare e per quale motivo? Che cacchio hai combinato? Parla e confessa sinceramente il tuo reato, nessuno ti sfiorerà un capello”. Franco: “Ho rubato tutte le “Pansè” e tre pesciolini rossi nella villa comunale”. Di rimando: “Perché ti sei macchiato di questo grave reato?” Franco: “Avevo letto che il pansé, pianta da fiore nota con diversi nomi, tra cui “Viola del pensiero” fortificava l’intelligenza, la memoria ed i circuiti cerebrali, conferendo qualità straordinarie e poteri magici a chi la coltivava con amore e quotidianamente; i pesciolini rossi assicuravano potenza fisica e straordinarie prestazioni sessuali; affascinato da queste letture, decisi di rubare tutte le pansè e tre pesciolini rossi della villa comunale. Don Paolo, custode della villa, mi sorprese in fragranza di reato e m’inseguì per farsi restituire il maltolto. Ogni tentativo operato da Don Paolo, fu vano! Io ero veloce come un ghepardo e raggiunsi casa mia in un batter d’occhio; per tre giornate consecutive dedicai il mio tempo libero a trapiantare in appositi vasi di terracotta le pansè presso la villa di casa mia; mi guidava un amico di famiglia, esperto di travasi. Collocai i tre pesciolini rossi nel mio acquario, regalo di mio padre, e li alimentavo alla grande. Don Paolo si recò nell’ufficio di presidenza del nostro liceo e riferì , con estremi particolari al Preside Fedele Cannici, l’accadimento, il furto, la data, il nome e cognome del responsabile. Visto che il Preside restò titubante e consigliò a Don Paolo di rivolgersi al corpo dei Vigili Urbani per denunziare l’autore del furto, l’efficiente, burbero custode Paolino venne a trovarmi nell’ora della ricreazione, minacciando che mi avrebbe devastato con solenni bastonate. A mali estremi, estremi rimedi: ecco perché mi sono imbottito come un “UFO ROBOT” ! Voglio limitare i danni alla mia persona fisica; aiutami Salvino, tu puoi aiutarmi e risolvere questa drammatica e singolare tenzone”. Di rimando: “Sciocchino, non dubitare! Adesso tu mi segui ed incontreremo il custode della villa comunale, chiederai umilmente perdono ed io convincerò don Paolino a perdonarti e dimenticare l’accaduto.

Mi costò tanto convincere il custode, che bonariamente acconsentì a seppellire l’accadimento”. M’impegnai a fargli recapitare una quantità sbalorditiva di semi di pansè, tramite un mio fraterno amico vivaista e 10 pesciolini rossi tramite amici miei fedeli, che li allevavano nei loro Acquari. Dopo due ore dal maledettissimo trambusto mattutino con Franco Pepe e Don Paolino, mi aveva sostituito nella mia classe Paola Prizzi, mi recai con Franco a trovare il nostro insuperabile preside. Raccontai tutto all’amico Fedele Cannici ed andammo a fare colazione al bar Mirto. Per la centesima volta, mentre degustavamo il caffè, Franco riempì la tasca della giacca del preside, con torroncini, caramelle e stecchini. Purtroppo nella vita, arriva un giorno in cui paghi il conto salato alla storia. Nel 1984, nel viaggio d’istruzione degli allievi del Liceo Emanuele Basile a Riccione, Franco Pepe pagò il conto alla sua grande storia stracolma di marachelle, performances comicissime e mille e centomila trovate geniali. Diretti magistralmente da Enzo Ganci, direttore di Monreale News, accadde l’irreparabile nemesi storica. Dopo la lauta cena, Franco Pepe amava dormire supino, indossando solo il costume nel lettino della sua stanza d’albergo. Giuseppe Sciortino ed altri compagni, lo denudarono e lo lasciarono con le chiappe al vento, urlando: “Franco Pepe” sei nudo ! Franco si risvegliò e nudo come madre natura, inseguì i suoi compagni ululando: Siete tutti cornuti!
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