Addio Ficus degli anni più belli

Riceviamo e pubblichiamo...

Il ficus centenario della villa belvedere non c'è più. Si è sradicato ed è stramazzato, dopo un volo di oltre 30 metri, nel sottostante giardino arcivescovile. Sotto le sue fronde maestose, in oltre 130 anni di vita, sono sbocciati i momenti più dolci e i ricordi più belli di intere generazioni di monrealesi.

I tanti migrati altrove a cercar fortuna lo ricordano con nostalgia. Mentre, noi rimasti chissà per quale arcano motivo, proviamo la rabbia di chi ha avuto negato un diritto, un affetto per tanto tempo.
Il ficus, come un Pantocrator accogliente, ha visto sbocciare l'amore di tantissime coppie di giovani; ha ospitato genitori e bambini nelle loro passeggiate di calde tenerezze; ha regalato frescura e relax a tantissimi anziani che nella loro terza età hanno potuto apprezzare lo splendore della Conca d'Oro.

Nei giorni scorsi, questo inestimabile patrimonio di indescrivibili emozioni è venuto meno in pochi secondi. I giorni di vacanza del periodo di festa, e forse la vergogna e il senso di colpa di chi avrebbe dovuto fare di più per evitare quest'ennesimo fallimento, hanno steso un velo di silenzio sulla tristissima vicenda.

Chissà, magari qualcuno avrà sperato che nessuno se ne accorgesse e che nessuno ne parlasse. Forse, qualcuno ha pure sperato che il classico rumoroso tonfo dell'albero che crolla non turbasse la falsa ed artefatta narrazione di una città che cresce nel silenzio. Ma in fin dei conti il ficus è apparso ed appare ugualmente come la metafora di una città che crolla sotto i colpi di scure dell'incuria e della mediocrità. Alcuni anni fa il generoso tentativo di ridare vita alla Villa ed agli alberi, a cominciare dal questo esemplare.

Poi, le promesse da marinaio in campagna elettorale, con tanto di bollinatura di un attuale ministro che da siciliano (catanese) oggi nega alla nostra città anche lo stato di calamità per i devastanti incendi di quest'estate. Per molto meno altrove i rappresentanti delle istituzioni insorgerebbero. Qui si mettono a ballare. Ma torniamo al nostro albero che in vita si è ritagliato uno spazio importante tra le cose sacre dell'immaginario di noi monrealesi.

Purtroppo non si può nemmeno dire che sia passato a miglior vita, avendo davanti un destino di stroncatura ed essendo in attesa della sua cremazione. Di certo non potrà più essere l'albero delle nostre connessioni sentimentali né di quelle vitali raccontate dai film 3D. Non lo potrà più essere perché la nostra è una città che fa acqua da tutte le parti, proprio come le sue condutture idriche colabrodo, che fanno dispetto all'asfalto appena ultimato.

Una città in cui nelle scuole il tempo pieno è una chimera e dove persino il liceo Basile rischia di traslocare a Palermo malgrado la strenua resistenza di chi lo vive ogni giorno. Una città in cui non si può nemmeno morire perché non c'è nemmeno posto al camposanto e ti devi mettere per anni a turno in deposito per essere seppellito. Verrebbe da dire che il nostro amato ficus almeno non dovrà più dannarsi l'anima e far bile a sentire e vedere le miserie umane di progressiva decadenza cui tutti troppo spesso assistiamo in complice silenzio.
Ma prevale un ritornello arabeggiante: "ma che to dico a fà...". A differenza nostra, questo fusto dalle foglie smeraldo, non dovrà mettersi in coda per essere seppellito. Rischierà solo la beffa di sentirsi dire: "ti sia lieve la terra".

* ex deputato nazionale