Esercizi spirituali: Pietro, Giuda e Pilato nell’ultima riflessione di monsignor Isacchi
La presunzione di Pietro, la libertà di Giuda e il tormento di Pilato temi della quarta meditazione dell’arcivescovo
MONRERALE, 31 marzo –Si sono concluse ieri sera le meditazioni dell’arcivescovo di Monreale, Gualtiero Isacchi, in occasione degli esercizi spirituali quaresimali rivolti alle parrocchie di Monreale all’interno del duomo.
Sono stati quattro giorni ricchi di spunti di riflessione in cui il presule ha condotto i presenti nel cammino quaresimale, puntando l’attenzione sulla rilettura di alcuni passaggi della passione di Cristo alla luce della riflessione sul presente, attualizzandone i contenuti. Quest’ultima è partita, infatti, dalla rilettura delle vicende dell’Esodo, quando Dio liberò il popolo di Israele dalla schiavitù dell’Egitto attraverso il Mar Rosso, il cui cammino nel deserto durato 40 anno può essere letto come paradigma della nostra vita. Poi il tema dello scandalo della passione ha centrato la riflessione quaresimale sulla richiesta da parte di Dio di una conversione profonda, ieri sera invece il percorso di meditazione è terminato rileggendo alcuni personaggi legati alla passione del Signore. Monsignor Isacchi nel suo excursus su tre figure ritenute fondamentali in questo percorso ha scelto di partire dalla riflessione su Pietro, per passare subito dopo alle figure di Giuda e Pilato.
‘’Pietro nella storia della passione ci assomiglia - ha affermato monsignor Isacchi - ci rappresenta per la presunzione che ha di conoscersi e conoscere Gesù, spesso dimentica che Gesù è il salvatore per poi chiedergli aiuto, ma quando vede Gesù piangere nell’orto degli ulivi, alla sua consegna alle guardie, Pietro scappa e lascia solo Gesù, seguendolo da lontano. Quando gli chiederanno se lo conosce dirà di non conoscerlo. Nel Vangelo di Luca si dice che quando il gallo cantò, in quel momento, Gesù si voltò e fissò Pietro che, accorgendosene, pianse. Gesù pone lo sguardo su di noi anche quando non lo riconosciamo. Pietro un po’ ci rappresenta ogni volta che con tutto il coraggio presumiamo di conoscerci e conoscere Gesù ma di fronte alla sua passione l’incontro con Dio ci fa scoprire una nuova identità che per certi versi ci sconvolge e fa scoprire che in fondo la vera conoscenza di noi stessi deve essere autentica! Un secondo personaggio simile a noi - ha continuato il presule - è Giuda, interessante è analizzare come si pone Gesù di fronte a lui: Giuda era un discepolo, uno che gli ha creduto veramente lasciando tutto per seguirlo, ma anche Giuda pensava di conoscere Gesù.
In lui c’è l’aspetto della nostalgia di grandezza, lui che aveva sognato una rivoluzione grazie a Gesù venuto per cacciare via i Romani e ristabilire il regno di Davide, il regno di Dio sulla terra. Ma quando lo vede attaccato da tutti, Giuda non può rinunciare al suo sogno di gloria e anche se Gesù non porta avanti questo progetto decide di portarlo avanti senza di lui. Un po’ come quando noi tentiamo di portare avanti una vita buona anche senza guardare a Dio perché la sua via è faticosa, invece sappiamo che Gesù mostrando l’amore che lo rende debole si comporta in maniera onesta, ammonisce Giuda e lo invita a fare ciò che deve fare al più presto. È come se Gesù dicesse a Giuda di realizzare la sua libertà per vederne le conseguenze. Ma Giuda abusa della sua libertà, come quando ci facciamo un’immagine falsa di noi stessi e ci attacchiamo ad una rivalsa convinti di arrivare chissà dove, come nelle relazioni con amici, parenti vicini di casa ci comportiamo spesso come Giuda per rivalsa e spesso non riusciamo a tornare indietro. Giuda è nostro fratello e noi siamo un po’ come lui.
Anche le guardie, i soldati che arrestano Gesù sono persone infelici che subiscono e obbediscono, infieriscono su Gesù restituendo tutti i mali ricevuti, ci assomigliano un po’ quando ci sentiamo le vittime e vogliamo a tutti i costi la rivalsa e abbiamo impressione di restare nell’obbedienza. Gesù secondo Matteo non fa nulla e lascia fare i soldati, proviamo a riflettere su cosa pensava Gesù. Nessuno ama la violenza e Gesù nella sua passione fa appello alla sua libertà, risveglia la sua coscienza. Gesù è questa fragilità di Dio che si offre a noi uomini come specchio in cui riconoscere la nostra meschinità, il nostro desiderio. Mettiamoci in questi giorni di fronte a Gesù e chiediamoci il senso della nostra libertà interiore e se esso corrisponde davvero al bene. Pilato - ha concluso l’arcivescovo- è l’ultima figura del nostro percorso di riflessione. Egli era un potente, un burocrate che non vuole lasciare il suo posto, allora ascoltiamo questa figura in quanto protagonista del processo. È un equilibrista perché da un lato ha Cesare, il suo capo, dall’altro il popolo a cui non vuole fare uno sgarbo e vuole tenere buono. Il terzo fuoco è la sua coscienza: non vuole fare arrivare segnali di sommossa a Cesare e cerca il compromesso, l’espediente.
Pilato pensa che Barabba possa tirarlo fuori dalla situazione. Domandiamoci allora cosa fa Gesù quando ci comportiamo come Pilato, quando pensiamo che vivere sia non scontentare nessuno, Gesù anche in questo caso dice solo una parola. Invita Pilato a punirlo se colpevole, ma a interrogare la sua coscienza se innocente, a mostrarsi libero e a far trionfare la sua dignità. L’amore ci vuole, infatti, uomini liberi e sono nella fedeltà alla nostra coscienza possiamo essere liberi''.
Il tempo della quaresima ci invita cosi alla responsabilità delle nostre azioni, perché c’è sempre la possibilità di un rapporto sincero con Gesù che ci riporti alla nostra autenticità, alla verità di noi stessi, c’è sempre un tempo in cui riscoprire il significato profondo di ciò che ci circonda. Siamo dinanzi a Gesù in questo tempo che ci chiama, così come ha ricordato monsignor Isacchi, a fare verità su di noi, a fare un atto di libertà, a scegliere chi vogliamo essere, interroghiamoci nella sua presenza che ci chiama a riconoscere e pronunciare il nostro nuovo nome di figli di Dio. Lasciamoci interrogare da Gesù per vivere con lui la riconciliazione e vivere nella libertà la sua passione di morte e resurrezione.
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