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''Un tempo da vivere insieme ritornando a Dio'', seconda serata di esercizi spirituali

| Giuseppe Cangemi | Curia

La meditazione di monsignor Isacchi continua in preparazione alla Pasqua

MONREALE, 29 marzo – Seconda serata degli esercizi spirituali guidati dall’arcivescovo Gualtiero Isacchi, ieri sera in cattedrale. Anche in occasione della seconda giornata molti sono stati i fedeli che dalle varie parrocchie hanno preso parte agli esercizi comunitari all’interno del duomo.

Alle 18 è stata celebrata la santa messa, cui ha fatto seguito la meditazione dell’arcivescovo, accompagnata sempre da momenti di preghiera comunitaria e dall’adorazione eucaristica.
La seconda serata di riflessione ha visto soffermarsi la meditazione del presule sulle vicende dell’Esodo, quando Dio liberò il popolo di Israele dalla schiavitù dell’Egitto attraverso il Mar Rosso. Il cammino del popolo nel deserto durò, infatti, 40 anni. “La vicenda del popolo d’Israele - ha affermato monsignor Isacchi - ci ricorda il piano di Dio che ti fa attraversare il male per iniziare un nuovo cammino.

Con Dio c’è sempre una via che ci fa attraversare il mare verso un nuovo orizzonte come nel battesimo. Il popolo d’Israele beve, ha fame e così avviene anche alle porte della Terra Promessa. Così - ha continuato il presule- il credente sperimenta a volte la mancanza dei beni indispensabili come nel deserto dove non c’è nulla. Ma occorre pensare che ciò per cui ci lamentiamo è spesso proprio ciò che ci serve per la nostra salvezza. Il rischio più grande - ha concluso l’arcivescovo- può dunque essere quello di cadere nella mormorazione, ma dove c’è questa non si ascolta Dio”. Anche noi cristiani crediamo in un Esodo, che è liberazione dalla schiavitù della morte e del peccato.

A sentire la presenza di Dio siamo dunque richiamati in questo tempo di quaresima, in cui “c’è la necessità di fare i conti con la nostra vita e la nostra storia, di verificare la nostra idolatria, di scoprire il volto di un Dio che ci conduce nel deserto in un una storia così complicata dove si dipende da lui come nel deserto, scoprendo che da soli non si può fare nulla. Non si può stare chiusi in quell’intimismo che ci muove a soddisfare il bisogno di comprensione e giustificazione personali, ma occorre vivere in relazione con gli altri. Solo la fratellanza e il lavoro di rete possono portare davvero frutto nella nostra vita”.

 

 

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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