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L'arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi

Per le festività pasquali ricordiamoci dei Cristiani perseguitati

| Monsignor Michele Pennisi * | Curia

Riceviamo e pubblichiamo

MONREALE, 11 aprile – Noi Cristiani siamo chiamati a confrontarci con gli avvenimenti della vita di questo ultimi giorni, gravata dal pesante bagaglio di sofferenza, di dolore e di morte e ne dobbiamo offrire una lettura “pasquale” alla luce della morte e della risurrezione di Cristo.

La vittoria pasquale di Cristo instaura la sovranità dell’amore di Dio che vince la morte ed è fonte di una speranza affidabile. Papa Francesco ha detto nell’ultima udienza generale prima di questa Pasqua: “la nostra speranza non è un concetto, non è un sentimento, non è un telefonino, non è un mucchio di ricchezze! La nostra speranza è una Persona, è il Signore Gesù che riconosciamo vivo e presente in noi e nei nostri fratelli, perché Cristo è risorto”.
La speranza cristiana che deriva dalla Resurrezione di Cristo deve essere testimoniata nella vita di ogni giorno caratterizzata dalla gioia, dall’amore, dall’umiltà, dalla mitezza,dalla capacità di perdono e di misericordia.

L’odio, l’orgoglio, la prepotenza, la vendetta, l’intolleranza, che sono all’origine di ogni atto di violenza e di terrorismo, derivano dalla mancanza di speranza.
Ha detto sempre papa Francesco: “Una persona che non ha speranza non riesce a perdonare, non riesce a dare la consolazione del perdono e ad avere la consolazione di perdonare. […]I mafiosi pensano che il male si può vincere con il male, e così fanno la vendetta e fanno tante cose che noi tutti sappiamo. Ma non conoscono cosa sia umiltà, misericordia e mitezza. E perché? Perché i mafiosi non hanno speranza”.
I terroristi e gli appartenenti alle varie mafie sono persone tristi, senza futuro che vogliono uccidere la speranza di un mondo rinnovato dal messaggio evangelico dell’amore e del perdono dei nemici.

Noi cristiani sull’esempio di Gesù, che sulla croce ha perdonato ai suoi crocifissori, siamo chiamati a pregare per la loro conversione e a perdonarli. Dobbiamo ricordare quanto ha scritto nel suo testamento padre Christian De Chergé, priore dell’Abbazia di Tibihrine, ucciso con altri sei monaci trappisti in Algeria nel maggio 1996:” Di questa vita perduta, totalmente mia e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per questa gioia, attraverso e nonostante tutto.[…]E anche te, amico dell’ultimo minuto che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo “grazie”, e questo “a-Dio” nel cui volto ti contemplo. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in Paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due.”

Quest’anno le feste Pasquali sono macchiate di sangue: dalla Svezia alla Siria, dall’Egitto al Congo. Al sangue versato da Cristo per noi fino all’ultima goccia si unisce il sangue di tanti martiri cristiani, in Medio Oriente, in Africa, in Asia e persino in Europa anche se in modo incruento, schiacciati da chi per interessi economici, ideologici e di potere, non vuol lasciare alla religione la libertà di espressione. In questa Pasqua dobbiamo ricordare oltre i profughi che scappano dalla guerra e dalla fame tutti i cristiani perseguitati e oppressi da ogni parte, costretti a lasciare la propria terra che essi abitano non da stranieri, ma da antichi residenti. Pochi si curano di loro, perché i cristiani sono inermi, discepoli di un Crocifisso, pacifici, ma paradossalmente scomodi.

Per le festività pasquali dobbiamo ricordarci di questi straordinari fratelli e sorelle nella fede, nella convinzione che ricordarli e sentirseli accanto, dà loro forza per non scoraggiarsi e tirare avanti, sorretti dalla certezza della luce della Risurrezione di Cristo che vince ogni male.
La Risurrezione di Cristo è un fatto la cui luce d’amore squarcia le tenebre del mondo fatto spesso di odio e violenza. In questa Pasqua lasciamoci rinnovare dalla certezza della misericordia di Dio, che come un fiume possa irrigare i deserti del nostro mondo e diventiamo messaggeri di questa misericordia, impegnati a far fiorire la giustizia e l’amore e ad accogliere in una abbraccio di pace tutti.

* Arcivescovo di Monreale

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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