Ciao Salvino, uomo di grande cultura e di grande cuore

Monreale perde una figura di grande prestigio del suo panorama sociale e culturale

MONREALE, 3 febbraio – Martedì 7 ottobre 2014, ore 7,15 del mattino . Mi squilla il cellulare mentre sto per salire sulla sella del mio scooter, prima di affrontare una giornata di lavoro. “Pronto, sono Salvino Caputo…”. Risposta: “E che m… vuoi?”. Proprio così. Il nostro rapporto di amicizia e di collaborazione cominciò in questa maniera turbolenta.

La sera prima ci eravamo reciprocamente mandati a fanculo su facebook, peraltro per questioni assai futili. La lunga e spigolosa discussione che ne seguì, fortunatamente, via via, si attenuò e prevalse il buon senso da parte di entrambi, in nome della nostra vecchia amicizia, quella degli anni della sua età adulta e dei miei dell’adolescenza. Di quando era grande protagonista della vita sociale e culturale del liceo classico Emanuele Basile, nel quale insegnava Lettere, per sostituire per un anno il professore Rocco Campanella ed io ero un rappresentante degli studenti. Quando nell’ora di ricreazione si giocava a ping-pong sul tavolo che la scuola aveva acquistato e che era la principale fonte di svago degli alunni terminate le lezioni.

Ma con Salvino il rapporto, perlomeno quello con la mia famiglia d’origine ed acquisita, partiva da molto più lontano. Da piccolo, essendo coetaneo di mio zio Michele La Rosa, col quale giocava per strada, frequentava spesso casa dei miei nonni. Di mio nonno Giuseppe diceva che era stato lui ad infondergli l’amore per la musica, cosa che lo portò tra l’altro a cantare nel coro del teatro Massimo. Di mia suocera, invece, diceva che era stata la sua nutrice, perché le famiglie erano dirimpettaie in via Antonio Veneziano e quando lui era lattante, lei gli aveva somministrato qualche poppata col biberon.
Frequente nelle nostre discussioni, avvenute spesso a tarda sera, era il ricordo di mio padre, che lui diceva essere stato il primo con cui da ragazzo era andato al mare, così come di mio nonno “ron Vicinzino”, come tutti bonariamente lo chiamavano, uomo all’antica ed amico di suo nonno.

Salvino era un personaggio sui generis. Un uomo di grande cultura umanistica, ma soprattutto di grande creatività. Una dote che non lo aveva abbandonato, nemmeno dopo la più grande tragedia della sua vita, la perdita della figlia Claudia a causa di una grave malattia. Un argomento che, comprensibilmente, affrontava malvolentieri e che quando affrontava gli costava lacrime e dolore.
Negli ultimi anni, anzi, forse paradossalmente, le sue produzioni letterarie si erano moltiplicate. Alle stampe aveva dato una decina di libri, che trasudavano cultura classica, attenzione per le questioni sociali, ma anche esperienze personali.
Per non parlare poi delle sue composizioni musicali: la più bella, a parer mio, “Cielo Siciliano”, un brano che, come gli ho sempre detto, soprattutto di fronte alla pochezza di tanti Festival: “A Sanremo potrebbe fare la sua ‘porca’ figura”.

Discutevamo spesso al telefono, parlando a ruota libera e senza peli sulla lingua del panorama politico monrealese e del suo evolversi. Difficile, forse impossibile, andare a cena con lui e pagare il conto, se non a costo di “sciarre” e di discussioni. Salvino era così: un generoso che non badava a spese, soprattutto se c’era da circondarsi di amici con cui trascorrere ore in armonia.
A Monreale, tra le altre cose, era noto per avere organizzato lo storico concerto di Pino Daniele in piazza Guglielmo, probabilmente il più grande evento musicale, mai realizzato nella nostra cittadina. Quella sera del 7 maggio 1988 Monreale fu letteralmente invasa da migliaia e migliaia di persone: uno spettacolo mai visto, né prima, né poi, che portò enormi benefici a tutto l’indotto commerciale cittadino e che certamente resterà ancora a lungo nella memoria di chi c’era.

Di Monreale News era da qualche tempo apprezzato opinionista e sulla nostra testata firmava articoli di carattere culturale. Ma ciò che catalizzava l’attenzione dei lettori, a suon di migliaia di visualizzazioni, erano le sue “favole”, profili di personaggi noti in città, che lui spesso condiva con aneddoti inediti e con considerazioni personali.
Un male bastardo, che perdona molto di rado, se lo è portato via in poco tempo. Adesso il telefono a tarda sera non squillerà più. Da oggi, come soleva dire lui, starà su Andromeda. Di lui ci resteranno tante cose: il suo amore per la cultura laica, i suoi racconti di vita vissuta, la sua impagabile generosità, il suo animo nobile. Siamo certi che anche lassù gli amici non gli mancheranno. Intratterrà anche loro, tra una sigaretta ed un buon bicchiere di bianco.
Nel frattempo ciò che sentiamo di dirgli è: “Fai buon viaggio, Salvino. Ci rivedremo un giorno, ne sono certo, e torneremo a chiacchierare ancora. Sarà ancora un piacere. Come sempre”.