Operazione restauro: c’è un Duomo da preservare

Gli interventi riguardano la parete esterna del transetto meridionale. La Fabbriceria: "Importante tutelare il nostro patrimonio". LE FOTO

MONREALE, 1 agosto – Molto spesso il termine restauro viene usato volgarmente dai laici della disciplina per indicare un tipo d’intervento che possa restituire a tutti i costi, al committente o al pubblico in generale, la rispettiva fruizione di un qualsivoglia elemento – uno spazio o un oggetto –, ignorando al contempo che la minima interazione nei confronti di una testimonianza storica, artistica o architettonica, potrebbe contaminarne l’autenticità: “Il restauro è sinonimo di conservazione – affermava il mio professore a lezione – e non ha nulla a che vedere col restyling”.

Di questa (doverosa) premessa, ne sono edotti Gaetano Scancarello e Giuseppe Inguì – il  primo, direttore tecnico dell’omonima impresa e, il secondo, professore ed esperto restauratore di opere d’arte – che, in sinergia, hanno sposato un’unica causa, quella di preservare il patrimonio culturale – considerando le diverse esperienze negli anni – di dominio europeo. Stavolta, la missione, è quella di recuperare la parete esterna meridionale della basilica di Santa Maria la Nova, adiacente al chiostro dei benedettini, la quale racchiude (vedi planimetria nella gallery) l’estremità del braccio destro del transetto con annesso diaconicon. Un paio d’anni fa, infatti, l’occhio vigile della Fabbriceria del Duomo di Monreale – fondazione che mira alla salvaguardia della fabbrica normanna  – ha riscontrato l’evidente distacco delle tessere che compongono le scene musive del ciclo quaresimale lungo la parete, oltre la presenza di polveri bianche – efflorescenze saline – lungo il pavimento. Un campanello di allarme che ha indotto don Nicola Gaglio – presidente della Fabbriceria, nonché arciprete della cattedrale – insieme al direttivo a consultare gli esperti nel settore, per avviare una serie di indagini: “Abbiamo rilevato la muratura interna ed esterna con delle mappature – affermano Scancarello e Inguì – attraverso apparecchi particolari che permettono la restituzione delle superfici in ortofoto. Questa prima indagine ha comportato diversi sopralluoghi, fino a toccare con mano il problema una volta installato il ponteggio, in quanto un sopraluce ostacolava la visibilità della parete afflitta”.

Nel corso degli anni, il tipo di degrado, è stato causato dall’umidità. La muratura in questione, già soggetta a diversi restauri nel corso dei secoli, cui gode di un intonaco a base di cocciopesto – frantumazione di laterizi impastati con calce, ndr – presentava spanciature e fratture in diversi punti della superficie estrinseca (circa 300 metriquadrati): “Le lacune – continuano – permettevano alle acque meteoriche di accedere all’interno della parete, fino a raggiungere i mosaici”.

La sovrintendenza di Palermo – ente preposto alla tutela – preso atto dell’entità del problema, ha rilasciato il nulla osta all’impresa per eseguire i lavori, stabilendo di conseguenza il tipo d’intervento: consolidamento delle zone critiche dell’intonaco con malte a base di calce, integrando le lacune attraverso strati di finitura attraverso la composizione dell’autentico cocciopesto, grazie al personale esperto di cui vanta la ditta.

Oggi, i lavori, a distanza di 2 mesi dall’avvio, giungono alla fase ultima d’intervento e i prodotti innovativi applicati garantiranno un’importante durata nel tempo, raggiungendo l’obiettivo prestabilito, ovvero quello di preservare il patrimonio architettonico del territorio normanno: d’altronde “in questo tempo delle cattedrali – parafrasando Cocciante – la pietra si fa dura come la realtà”.