San Cipirello, stop alla vendita di prodotti derivati dalla canapa

Il sindaco Geluso firma un’ordinanza: “Il consumo potrebbe favorire un approccio di confidenza”

SAN CIPIRELLO, 23 giugno – A firmare il divieto rivolto ad un’attività commerciale è stato oggi il sindaco Vincenzo Geluso, che spiega: “Dieci giorni fa era stata presentata al Comune una segnalazione di inizio attività di un negozio per la vendita di prodotti derivati dalla canapa e prodotti tecnici per fumatori. Ma visto il dibattito che c’è in Italia in questi giorni sull’argomento ho deciso di ordinare il divieto e comunicarlo alle forze dell’ordine”.

A tentare di aprire l’attività commerciale è stato un venticinquenne palermitano. Il divieto nei suoi confronti avrà efficacia per 45 giorni e potrà essere revocato in virtù di ulteriori norme ministeriali.
Con l’ordinanza firmata oggi il sindaco Geluso ha però di fatto anticipato quello che potrebbe divenire un divieto per i cosiddetti “grow shop”. Il Consiglio superiore di Sanità, in risposta ad un parere richiesto dal ministero della Salute, si è detto – infatti - contrario alla vendita dei prodotti a base di cannabis "light", ovvero quelli con il principio attivo Thc (tetraidrocannabinolo) inferiore ai limiti di legge. Ad oggi però la vendita non è vietata. Le sostanze in commercio hanno, infatti le proprietà del cannabidiolo, ma non avrebbero effetti psicoattivi. Di qui la definizione di cannabis "light". E sono tante le coltivazioni legali: una stima di Coldiretti parla di 4 mila ettari per un giro di affari di circa 40 milioni di euro.
“Il consumo potrebbe favorire – si legge nell’ordinanza del sindaco - un approccio di confidenza a consuetudini percepite come trasgressive o di tendenza all’uso di prodotti pericolosi”. Di qui la decisione che “mira alla tutela della salute della collettività”. Il divieto arriva a pochi giorni dall’arresto, nella vicina San Giuseppe Jato, di un presunto spacciatore. Il settimo dall’estate scorsa ad oggi. A dimostrazione del consumo illegale di sostanze stupefacenti nel territorio che, negli anni scorsi, balzò agli onori della cronaca nazionale soprattutto per la produzione di marijuana.
L’oro verde della valle dello Jato
Un tempo conosciuta come terra del vino, la valle dello Jato negli anni scorsi sembrava essere diventata, infatti, terra di marijuana. Così aveva deciso la mafia, che da queste parti ha investito nell’“oro verde”. Uomini, mezzi e masserie. Ma soprattutto fondi agricoli messi a disposizione del business degli stupefacenti. L’episodio più eclatante risale all’agosto del 2007, quando in contrada Perciana venne scoperta una coltivazione di canapa indiana estesa su un terreno di 4 mila e 500 metri quadri. Un piccolo angolo di Giamaica che cresceva indisturbato fra i vigneti della Valle dello Jato. Tra le tante piantagioni sequestrate in questi anni spicca anche quella scoperta nel luglio 2009, in contrada Kaggio, ai piedi del Monte Kumeta. Per un po’, grazie ai numerosi arresti, il fenomeno della coltivazione di sostanze stupefacenti, sembrava scemato. Ma nel 2013 i carabinieri del territorio scoprirono numerosi depositi e piantagioni nelle campagne di contrada “Arcivocale”, fra San Cipirello e Corleone. In una masseria venne scoperta e filmata una vera e propria “fattoria della droga”. A controllare il mercato della marijuana era una cosca mafiosa locale. I ricavati servivano, infatti, per mantenere le famiglie dei carcerati e per pagare gli “stipendi” dei nuovi affiliati.

 (fonte: vallejatonews.it)