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Colpo al racket dei buttafuori: 11 persone arrestate

| Enzo Ganci | Nera e giudiziaria

L’ombra di Cosa Nostra sulle assunzioni nelle ditte di sicurezza privata a Palermo e provincia. IL VIDEO con le intercettazioni

PALERMO, 17 settembre – La direzione distrettuale antimafia di Palermo ha delegato i carabinieri del comando provinciale ad eseguire nel corso della prima mattinata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP presso il tribunale, nei confronti di 11 persone ritenute responsabili del reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Le indagini condotte hanno consentito di cristallizzare le convergenze degli interessi di Cosa Nostra – in città e in provincia – sul controllo di importanti aspetti organizzativi legati alla gestione dei locali notturni.
E’ emerso, invero, la caratteristica capacità dell’organizzazione mafiosa d’infiltrarsi e controllare in maniera pervasiva la gestione dei servizi di sicurezza privata espletata nei locali notturni palermitani e della provincia mediante la diretta imposizione dei soggetti addetti ai servizi di vigilanza e la doverosa corresponsione di un quantum per ogni operatore impiegato.


Interfaccia degli interessi del sodalizio mafioso nella gestione dei rapporti con gli esercenti dei locali notturni era Andrea Catalano, soggetto che sfruttava i solidi e risalenti legami con gli esponenti di vertice dei mandamenti mafiosi di Porta Nuova per imporre il reclutamento di personale, di sua scelta, per l’espletamento del servizio di vigilanza, demandando a una società privata l’onere della regolarizzazione amministrativa e contabile dei soggetti impiegati.
Inoltre, al fine di eludere la normativa di settore, erano state fondate due associazioni di volontari antincendio nell’ambito delle quali venivano formalmente impiegati, in qualità di addetti antincendio, quei “buttafuori” che, a causa dei loro precedenti penali, si trovavano nell’impossibilità di ottenere la necessaria autorizzazione prefettizia.
Le numerose intercettazioni hanno consentito di documentare plurime condotte estorsive nei riguardi dei titolari di almeno 5 locali notturni di Palermo e provincia ai quali veniva imposta, mediante violenze e minacce, l’assunzione dei “buttafuori”.
Emblematica, in tal senso, è la vicenda in cui è coinvolto Massimo Mulè, uomo d’onore, reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro, il quale era stato già arrestato il 16 dicembre 2008, nell’ambito dell’operazione “Perseo” e dieci anni dopo, il 4 dicembre 2018 (operazione “Cupola 2.0”) e che il 12 agosto scorso era stato scarcerato dal tribunale del riesame.
Il capomafia si era interessato affinché Vincenzo Di Grazia, suo cognato, fosse impiegato stabilmente nella gestione della sicurezza nel corso delle diverse serate organizzate presso un noto locale della movida palermitana. Le conseguenti lamentele del capo della sicurezza di quel locale, costretto a escludere, a turno, uno dei buttafuori solitamente impiegati che, pertanto, era costretto a cedere il suo posto di lavoro e parte dei propri compensi, venivano soffocate dalle pesantissime minacce proferite nei suoi riguardi e dei suoi familiari dai fratelli Andrea e Giovanni Catalano.

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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