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Piersanti Mattarella, a 43 anni dalla sua uccisione una ferita ancora aperta

| Giuseppe Cangemi | Ci ricordiamo di loro

Nei giorni scorsi l’appello del nipote sulla necessità di continuare a indagare

PALERMO, 6 gennaio – Ricorre oggi il 43esimo anniversario dell’uccisione per mano mafiosa del Presidente della Regione Piersanti Mattarella, avvenuta il 6 gennaio del 1980.

Era proprio il giorno dell’Epifania di quarantatré anni fa quando, in via Libertà a Palermo, venne ucciso per mano mafiosa, mentre si stava recando a messa con moglie e figli. Piersanti Mattarella era nato a Castellammare del Golfo il 24 maggio del 1935. Figlio di Bernardo Mattarella, uomo politico della Democrazia Cristiana e fratello di Sergio, attuale Presidente della Repubblica Italiana. Le sue grandi doti politiche lo portarono a compiere una carriera politica eccezionale che lo vide affermarsi già a partire dal suo primo debutto nella DC, avvenuto tra il 1962 e il 1963, che lo portò nell’anno seguente a divenire consigliere comunale a Palermo. Nel 1967 approdò all’Assemblea Regionale e fu rieletto per due legislature e dal 1971 al 1978 rivestì la carica di assessore regionale alla Presidenza con delega al Bilancio. Il 9 febbraio 1978 fu eletto dall'Assemblea presidente della Regione Siciliana, alla guida di una coalizione di centro-sinistra con il supporto esterno del Partito Comunista Italiano.

La sua azione politica si distinse sin da subito per il grande impegno di Mattarella nel rilanciare un’azione amministrativa sempre più improntata a principi di trasparenza contro ogni forma di corruzione, proponendo provvedimenti a difesa della legalità e atti a contrastare le forti infiltrazioni mafiose quali la riduzione degli incarichi e la rotazione del personale posto a capo dei centri di potere. Ma, soprattutto, l’azione più incisiva portata avanti dal suo governo fu quella di riformare il sistema di collaudo delle opere pubbliche e di ridurre fortemente i margini d’azione per la speculazione edilizia nelle aree del cosiddetto ‘’verde agricolo”, che in quegli anni imperversava a Palermo, bloccando gli interessi della mafia che grazie alla connivenza di una certa politica era riuscita a costruire la sua forza in città e a fare di questa un suo punto di appoggio.

A disporre la sua uccisione fu proprio Cosa Nostra poiché Mattarella aveva avviato una stagione di forti cambiamenti e, in particolare, un’opera di rinnovamento dell'amministrazione regionale contrastando, tra l’altro, l'ex sindaco Vito Ciancimino, per un suo possibile rientro nel partito. Gli autori materiali dell’omicidio non sono mai stati individuati e il processo ha lasciato tante ombre ancora da chiarire. Proprio nei giorni scorsi il nipote di Mattarella, Andrea, ha rilanciato l’invito a continuare le indagini sull’omicidio del nonno e lo stesso presidente del tribunale di Palermo, Antonio Balsamo, ha chiesto pubblicamente l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta. A noi, oggi, resta il dovere del ricordo di un grande politico che ha difeso strenuamente con la sua azione e il suo alto profilo morale la nostra terra e a cui oggi noi dobbiamo ancora tanto.

· Enzo Ganci · Editoriali

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