Paolo Giaccone, 39 anni fa il delitto del medico che non si volle piegare

Cosa Nostra lo uccise perché si rifiutò di falsificare una perizia. Era l’11 agosto 1982

MONREALE, 11 agosto – Forse era una vendetta che Paolo Giaccone si aspettava. Forse questo cittadino palermitano, con una lunga carriera di medico legale alle spalle, che non aveva mai avuto rapporti con la mafia, né volle mai favorirla, si aspettava che questa reagisse alla sua volontà di non piegarsi.

Era l’11 agosto 1982 quando cinque colpi di pistola lo raggiunsero, a pochi passi dall’Istituto di Medicina Legale del Policlinico, e lo lasciarono senza vita. Aveva 63 anni.
Paolo Giaccone era direttore dello stesso istituto di Medicina Legale che si trasformò nel suo luogo di morte, ed era stato anche docente di Antropologia Criminale presso la facoltà di Giurisprudenza dell’università di Palermo nonché professore ordinario di Medicina Legale alla facoltà di Medicina dello stesso ateneo. Il Tribunale di Palermo aveva richiesto le sue consulenze per molti assassinii che portavano la firma di Cosa Nostra: come quello del presidente della Regione Piersanti Mattarella, del giudice Gaetano Costa, del magistrato Cesare Terranova e del capitano Emanuele Basile.

È il 25 dicembre 1981 e per ordine dei Corleonesi viene messa in atto la strage di Bagheria. Ad aver lasciato delle impronte su un’arma utilizzata per la sanguinosa occasione era stato Giuseppe Marchese, promettente rampollo della famiglia mafiosa di Corso dei Mille e nipote di Filippo Marchese, poi divenuto collaboratore di giustizia. L’organizzazione non ha dubbi: la responsabilità dell’atto criminale va insabbiata e il medico legale incaricato di occuparsene va corrotto. Cosa Nostra ci proverà, senza successo, e Paolo Giaccone diventerà un esempio di civiltà antimafia e di rispetto per le leggi e per la propria professione. Un uomo normale, ma mai qualunque, che non si volle calare.