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''Non l'avrei mai detto ma... mi manchi cara Scuola''

| Gabriele Rispetta * | La parola agli alunni

Lettera aperta di uno studente sul finire dell'anno scolastico appena trascorso, tra mille difficoltà

MONREALE, 5 giugno – Ho chiuso gli occhi e siamo già a giugno. E la sola cosa che riesco a dire sono le parole attribuite ad un noto cantante dopo una sua memorabile prestazione a Sanremo: “Che succede?”. Ciò che è successo, in realtà, lo sappiamo tutti e due, cara Scuola.

Ti ho saputo odiare, certe volte. La sveglia la mattina presto, le nottate fatte di caffè, sbadigli e parole estratte da libri e libri che dopo l’interrogazione – lo sapevo già – mi sarei dimenticato. Eri parte della mia routine, punto fermo della mia quotidianità. Ma all’improvviso, tutto si è fermato. Ci siamo visti, un’ultima volta, senza nemmeno saperlo. Quelle quattro mura, dentro le quali ho forgiato le mie più grandi amicizie e soprattutto me stesso, mi erano state strappate via da un male tanto invisibile quanto insidioso e letale. Non credevo che sarei mai arrivato a dirlo ma, cara Scuola, mi manchi davvero.

Mi manca esultare al suono della campanella. Mi mancano le corse forsennate per la ricreazione, al piano di sotto. Mi mancano persino gli attimi d’ansia quando la professoressa distribuisce i compiti corretti. Questa tua cugina, di nome DAD, comunque, non è stata malaccio. Certo, ci è voluto un po’ per conoscerla e non è stata simpatica a tutti, ma è stata una tua ottima supplente. Non c’è bisogno che ti dica che con lei non è lo stesso, che tu sei molto meglio, andando oltre i freddi numeri delle valutazioni, oltre i freddi argomenti dei vari programmi. E poi c'è la maturità. Probabilmente il momento più magico di tutto il quinquennio, quello dove tutti gli eventi e gli sforzi del lustro si sfogano in un tour de force fatto di temi, compiti e interrogazioni. Il virus, probabilmente, ha congelato pure questo. Ma come canta Venditti: "questa notte è ancora nostra". E lo sarà per sempre. La notte che separa in due la vita, da ragazzo a uomo. Sia virtuale che reale.

Perché alla fine, tu Scuola servi a questo. Non a conoscere la vita di Pipino il Breve o a trovare l’ipotenusa di un triangolo rettangolo. Ci prepari alla vita che verrà, rendendoci uomini, schiavi solo di noi stessi e dei nostri limiti, tutti diversi, con la propria mentalità, filosofia e storia. Per prepararci ad un futuro, che oggi più che mai ha bisogno di noi, la ventata di aria fresca di un mondo che sta piangendo sul tanto latte versato.
Per questo mi manchi scuola. Per questo manchi a tutti. E non credevo che sarei mai arrivato a dirlo. Speriamo di rivederci presto, ho ancora tante cose da fare, ho ancora tanto da diventare.

Gabriele 

*studente della 3 B del liceo "Emanuele Basile" di Monreale

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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