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Il dibattito politico è oggi focalizzato sul fenomeno migratorio. Sembra che le sorti del pianeta siano legate a questo evento sopraggiunto improvvisamente, da frenare ad ogni costo, anche a costo di sprecare ingenti risorse di uomini e di mezzi per gestire un canile in Albania.
Che il problema migratorio meriti una particolare attenzione è fuori dubbio, ma esso va affrontato con la consapevolezza che come i flussi dell’aria e dell’acqua sono vitali per l’uomo e la sua ossigenazione, così i flussi migratori sono il motore della sua storia.
Da Enea alla fuga in Egitto della Sacra Famiglia, dai Longobardi al Nord dell’Italia agli Arabi e Normanni al sud, dalla storia dell’intero continente americano del nord e del sud dopo la scoperta di Colombo c’è una compenetrazione sempre più fitta tra migrazione e storia dei popoli. Condizionati da fattori sociali, economici, politici i flussi migratori hanno subito nel tempo gli effetti della pressione demografica crescente, delle scoperte della scienza e della tecnica, dell’evoluzione dei i mezzi di trasporto, della capillare penetrazione dei mezzi di informazione.
Nell’anno zero, al tempo della fuga in Egitto per sfuggire alla ferocia di Erode, la pressione demografica veniva stimata in 250 milioni di esseri umani. Nel secolo delle scoperte di Colombo la pressione demografica si era raddoppiata per arrivare nel secolo scorso a 1,5 miliardi di presenze. Oggi si è arrivati agli attuali 7 miliardi e la stima del 2050 è prevista in 10 miliardi. Contestualmente i mezzi di trasporto dall’animale sono arrivati ai Jet e quelli della informazione dal passa parola sono arrivati alla TV dove basta un clic per palpare le differenze di sviluppo.
Di fronte a simili trasformazioni, frutto dall’evoluzione della storia dell’uomo, i tentativi di frenarne gli sviluppi rischiano la stessa fine delle dighe alzate per frenare rigagnoli d’acqua, con il risultato che non appena arriva la piena e cedono gli argini sono disastri per tutti. Queste soluzioni superficiali delle estreme destre imperanti, tese ad alzare barriere ed a reprimere gli effetti dei fenomeni senza un esame critico che risalga alle cause sono bombe ad orologeria i cui effetti ricadranno sulle nuove generazioni.
Questo vale per le migrazioni come vale per la sicurezza che si ritiene risolta con l’aumento del numero dei reati e l’inasprimento delle pene. Vale anche per le resistenze verso le conquiste della scienza che tenta di esplorare soluzioni nuove per rispondere alla fame crescente producendo proteine di uguali qualità organolettiche senza dovere ricorrere alla macellazione di animali appositamente allevati. Soluzioni per altro che oltre ad attenuare la portata dei flussi migratori salvaguardano il pianeta dall’effetto serra accentuato dagli allevamenti di bestiame.
Queste misure apparentemente risolutive sono il frutto della superficialità e dell’ignoranza di improvvisati politicanti pronti a garantire ingordi potenti produttori di beni e servizi oltre i limiti del libertinaggio piuttosto che interrogarsi sui modi in cui si distribuisce la ricchezza nell’era dell’automazione e dell’intelligenza artificiale; non tenendo conto per altro che la centralità del profitto senza limiti delle moderne economie e di quelli dell’alta finanza hanno allargato la fascia della miseria ed aumentato le insidie per il pianeta.
Ed è questa cultura miope tesa a respingere piuttosto che ad armonizzare, che guarda solo gli effetti piuttosto che indagare sulle cause per governarne i processi che segna lo spartiacque da queste destre estremiste.
Nei paesi democratici, dove il popolo sceglie liberamente i propri rappresentanti, compito della politica non è quello di assecondare gli istinti, ma quello di stuzzicare la ragione collettiva e di incanalare gli sforzi verso traguardi più avanzati. Più che dai migranti l’emergenza oggi è rappresentata dalla superficialità, dall’approssimazione, dalla miopia, dalla mancanza di cultura politica di una destra estrema che, sovrastata dal potere economico, tende a risolvere problemi complessi con la forza e l’imposizione.
Scongiurarne il pericolo, negli stati autenticamente democratici, è un compito che spetta alle elettrici ed agli elettori, ed è questa una responsabilità grave nei confronti delle future generazioni che ricade su ciascuno di noi.
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