fumetto di Giuseppe Leto
Egregio Direttore;
Ho visto in questi giorni in TV l’appello del Presidente del Consiglio in favore dei presepi. Un appello accorato, quasi commovente!
Un forte richiamo alla identità cristiana conclusa da una invettiva verso chi, dei presepi, ne osteggia la ricostruzione nelle scuole ed un impegno forte di trasmettere alla propria figlia lo stimolo a perpetuarne la tradizione.
Devo ammettere che in molte parti ne condivido gli aspetti. C’è però un punto che non mi convince. La ricorrenza della nascita di Gesù simboleggiata dal presepe segna l’avvento di una cultura nuova, di una “parola” di pace, di libertà, di fratellanza che rivoluziona un contesto sociale schiavista quale quello dell’Impero Romano con il messaggio del “prima gli ultimi”.
Le prime pagine del Vangelo, libro sacro dei cristiani, narrano che su quell’asinello che assieme al bue poniamo ai lati della mangiatoia, Giuseppe caricò Maria ancora dolorante per i postumi del parto e Gesù in fasce e fuggì in Egitto per sottrarre la famiglia alla furia di Erode. Una famiglia di migranti!
Oggi in molti palchi della politica, profanando il Vangelo, osannati da una folla gelosa dell’identità cristiana, salgono esponenti che urlano “respingiamoli”.
Fra meno di un mese, sulla poltrona sulla quale sedeva Abramo Lincoln, Presidente repubblicano assassinato per le leggi antirazziali, siederà Trump e vi sale osannato dalla folla, corteggiato dai potenti, al grido di “deportiamoli”.
Sta qui il dubbio sulla sincerità di quell’appello. La simbologia ha un valore per il messaggio che trasmette, altrimenti è un vuoto esercizio.
Il Giubileo appena iniziato si apre all’insegna del “Fratelli tutti” ed il monito di Papa Francesco accusa financo le coscienze degli indifferenti complici delle ingiustizie.
Qui sta l’incoerenza di quei “figli” che chiamati dal Padre a lavorare nella vigna dicono “ci vado” ma che di fatto operano in un campo avverso.