Carissimo direttore,
tutti abbiamo auspicato che dopo il lockdwon ci potesse essere una conversione culturale ed un cambiamento degli stili di vita. Invece, per quello che è dato constatare, “ nulla di nuovo sotto il sole”.
Il susseguirsi di devastanti e sciagurati incendi nel nostro territorio e, più recentemente, nel comune di Altofonte e nella riserva dello Zingaro, ha giustamente sollevato l’indignazione di tutti i cittadini onesti, molti dei quali hanno dimostrato una capacità di reazione forte, provando anche ad individuare colpe e responsabilità e, nel contempo, a formulare proposte concrete per il futuro.
Obiettivo urgente e prioritario deve essere quello di adoperarsi affinchè in quel luogo “zampillante d’acqua”, ritorni la vita e si possa recuperare un rapporto armonico con il territorio, ora deturpato e reso molto fragile ed a rischio idro-geologico.
A tale proposito, significativo a me sembra l’appello di monsignor Pennisi , il quale, sulla scia di quanto si afferma nell’Enciclica “Laudato si”, si chiede : “ Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo? Per quale scopo lavoriamo e lottiamo?”.
Sono domande di fondo, domande sul senso dell’esistenza e sui valori alla base della vita sociale, fondamentali per il futuro di tutti noi; domande che dovrebbero sollecitare tutti, soprattutto coloro che si macchiano dei gravi reati contro il creato, a cambiare rotta e ad impegnarsi per la cura della “casa comune”. Non ci può essere un corretto sviluppo economico senza amore e rispetto per la natura.
Martedì scorso si è celebrata la Giornata nazionale per la custodia del Creato. E’ stato riaffermato l’urgente bisogno di essere più attenti al grido della terra, più sensibili nei confronti del “grande virus” dell’emarginazione, della mancanza di protezione dei più deboli. Infatti, per i nostri vescovi, senza giustizia sociale, senza nuovi stili di vita non è possibile un cambiamento di rotta ecologico, perché tutto è connesso. Siamo chiamati, pertanto, ad avere cura del creato anche con piccole azioni quotidiane, al fine di acquisire uno stile di vita più sobrio e più sostenibile. Devono essere incoraggiati comportamenti che incidono nella cura dell’ambiente: piantare alberi come molti in questi giorni chiedono, ma anche evitare l’uso della plastica, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, evitare lo spreco dei cibi, spegnere luci inutili, provare a non accumulare beni di consumo, evitare ogni forma di inquinamento. Alcuni studi, infatti, hanno dimostrato che durante la pandemia la mortalità è stata più elevata tra coloro che presentavano patologie legate alla qualità ambientale e agli stili di vita. Ed è anche noto che buona parte dei migranti fuggono da territori resi sterili dai cambiamenti climatici.
Ciò che tutti dovremmo rafforzare, allora, è il rispetto e la venerazione per l’ambiente, è lo stupore, lo sguardo contemplativo verso la bellezza del creato, avere consapevolezza che l’ambiente “ non è un problema ma un mistero da gustare”, che “ nostra sorella madre terra ci nutre e ci mantiene: produce frutti colorati, fiori ed erba”.
Non possiamo, dunque, restare indifferenti di fronte alle manifestazioni dei giovani che ci ricordano che il pianeta è malato a causa dell’emergenza climatica. Su questi temi non è possibile abbassare la guardia, ma occorre dare segnali forti di impegno e di partecipazione,non solo a livello individuale ma operando in sinergia con quanti nella società civile lottano per la salvaguardia dell’ambiente.
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