La favola di Scilla e Cariddi

Un "must" della mitologia classica trasportato nella nostra Monreale

La leggenda narra che Scilla era una splendida montagna contigua al Monte Caputo, figlia del re Federico e della regina Sveva. Trascorreva le sue lunghe giornate a San Martino delle Scale, giocando con i pastori e le splendide fanciulle del bosco martiniano.

Cariddi era un fiume fantastico che scorreva lungo le pendici del Monte Caputo, ed attraversava l’intera valle martiniana per confluire nella splendida città di Monreale, tuffandosi nei meravigliosi giardini della Conca d’Oro. Scilla s’innamorò follemente di Capir, il vulcano buono formatosi all’interno della crosta terrestre del Monte Caputo. Cariddi s’innamorò follemente di Ru, un’arancia sanguinella con buccia di colore arancio acceso e sfumature rosse variabili a seconda della varietà e del momento di raccolta. Accadde che due mostri, invidiosi e lussuriosi, giurarono di cacciare dal suolo natio Scilla e Cariddi ed annientarle.
Scilla, grazie al soccorso del vecchio Cap, principe delle montagne, decise di allearsi con Cariddi e scatenare il finimondo al fine di annientare i due mostri. Seguirono colate laviche indescrivibili, eruzioni, inondazioni terribili. La povera città di Monreale dovette soccombere collassata dall’ira di Scilla e Cariddi. Capir e Ru, grazie alla mediazione di Cap, adottarono una strategia comune per fiondare il colpo di grazia ai due mostri prepotenti. La querelle belligerante fu dipanata da Crac, che decretò lo stato delirante dei contendenti in campo. Crac restituì pace e serenità alla cittadinanza monrealese e proclamò una tregua di tre anni. Scaduti i termini temporali della tregua, ogni contendente poteva proclamarsi vincitore dopo un ampio suffragio di consensi vs i contendenti in causa, espresso liberamente e senza condizionamenti da parte della comunità monrealese. Senza se e senza ma, era sbocciata la democrazia.

La leggenda insegna che il lupo perderà il pelo e mai l’arroganza, ma i cittadini, se non si faranno sottrarre questo grande valore che la “Democrazia” rappresenta, avranno sempre la facoltà di decidere in prima persona con il voto. Dopo otto lunghi secoli di breve alternanza del nostro tempo mafioso, nella cittadina normanna hanno avuto finalmente il privilegio di natalità, gli eredi di Scilla e Cariddi. Da mamma Scilla si è originata la casta degli scrittori monrealesi, dei poeti, dei musicisti e degli artisti in senso lato. Da papà Cariddi si è originata la casta dei politici, dei sindacalisti, dei commercianti, degli agricoltori e dei lupi mannari in senso lato. Da nonno Crac si è originata la casta degli avvocati, dei giornalisti, dei burocrati, degli architetti, dei medici e dei tecnici in senso lato. Dallo zio Pu si è originata la casta dei figli di puttana, dei ladri, dei delinquenti e dei quaquaraquà.

Sarebbe poco opportuno ed un’operazione di restauro storico e retrò, elencare per nome e cognome i rappresentanti di queste caste, ma i cittadini ed il popolo monrealese hanno un’ottima memoria storica, fotografica e potranno senza colpo ferire, identificare senza difficoltà i discendenti di queste nuove caste, a partire dagli albori del novecento monrealese. Non ho voluto citare secoli precedenti al 900, perché mi sarei perso nella notte dei tempi. In ogni caso non posso tralasciare il papà di tutti gli scrittori, poeti ed artisti monrealesi e di conseguenza debbo rapportarmi alla seconda metà del 500 siciliano, con un punto di riferimento in assoluto ovvero Antonio Veneziano, il monrealese più illustre.
Le sue ottave d’amore ed i suoi proverbi si sono riverberati per oltre due secoli, nella memoria del popolo siciliano. Veneziano è stato il capostipite della cultura laica e dell’irriverenza verso il potere. All’interno di una favola magica, non mi va di sbilanciarmi oltre. Alla fine del film, vorrei ricordare a tutti i miei concittadini che non siamo nati per caso o sotto un cavolo. Siamo tutti figli delle nostre caste di appartenenza e siamo venuti a popolare la nostra Monreale per onorarla, amarla, salvaguardarla e tentare disperatamente di farla risplendere, accendere i suoi colori, cancellare i suoi chiaroscuri e proiettarla nel futuro che verrà, se ci sarà ancora un futuro per noi e tutte le nuove generazioni.

DAL LIBRO PARAMUTIA 2017 BY SALVINO CAPUTO _(c) Copyright e Tutti i diritti riservati ISBN E SIAE