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Un focus sulle monache claustrali benedettine. Appuntamento alle ore 16
MONREALE, 8 febbraio – Domani alle 16nella chiesa di San Castrense, all’interno del triduo in onore del santo, l’archivio storico diocesano e la Pro Loco presentano “Il monastero delle monache benedettine di San Castrense: scritti e memorie oltre la grata”.
È una iniziativa in ricordo delle monache che vissero per secoli dentro le mura claustrali benedettine. A Monreale la comunità femminile benedettina fu fondata nel 1499 e quindi per quasi quattro secoli in paese ci furono “i monachi ra batia ranni”.
Ma il monastero annesso alla chiesa venne distrutto nel 1930 e adesso delle monache viene ricordata solo la creazione dei biscotti a S, così tipici del nostro paese. Possiamo quindi dire che è arrivato il tempo di recuperare la loro memoria, e anche di riflettere sul rapporto tra Monreale e la sua storia.
Sappiamo tutti che le origini di Monreale ci riportano a Guglielmo II, alla costruzione del Duomo e alla ricca dote concessa dal sovrano normanno nel lontano 1176, quando sull’altare della nuova chiesa Guglielmo pose la Bolla d’oro con privilegi e concessioni. Molto meno familiare è la storia successiva.
Nei lunghi secoli che vanno dalla fondazione del Duomo al 1812, anno in cui in Sicilia viene ufficialmente abolito il feudalesimo, Monreale è fra le più prestigiose signorie ecclesiastiche del Meridione. È capitale di una teocrazia dove l’arcivescovo Abate e Signore ha un duplice ruolo che assicura prestigio, ricchezze e governo pastorale, un ruolo dove spesso ritroviamo gli esponenti delle più importanti famiglie della cristianità.
La storia di Monreale è la storia della sua Chiesa di cui hanno scritto diversi autori. Basti ricordare Gaetano Millunzi e in tempi più vicini a noi Giuseppe Schirò. Proprio Schirò, oltre a essere un riferimento come autore è stato anche un archivista e nel 1985 il suo lavoro di tutela degli archivi ha portato all’istituzione dell’archivio storico diocesano, aperto al pubblico nel 1993.
È un archivio prezioso per molte ragioni, a cominciare dal fatto che conserva documenti sulla vita religiosa, ma anche sulla vita materiale del territorio. Permette quindi di inoltrarsi in esplorazioni che lasciano osservare la storia nel suo quotidiano stratificarsi, delineando rapporti ed equilibri che permangono evolvendosi nel tempo: ad esempio il governo delle acque irrigue – di cui l’archivio diocesano conserva i turni di distribuzione a partire dalla metà del XV secolo – lascia vedere l’economia del territorio e le usurpazioni che impoveriscono la Mensa arcivescovile. È una storia complessa e affascinante, dove molti aspetti restano ancora da ricostruire.
Quanto al monastero benedettino di San Castrense, l’archivio storico diocesano conserva i registri dei conti, i quaderni con le ricette di cucina e quelli con le ricette della farmacia, erano monache di clausura e veniva registrato l’ingresso di ogni estraneo. La regola benedettina osservata a Monreale è stata ritrovata durante la preparazione dell’incontro di domenica, nel frontespizio dichiara di essere stata stampata a Monreale nel 1582: ufficialmente l’autore è l’arcivescovo Ludovico I Torres, che mantiene la carica sino al 1584. Il suo vicario generale è però il nipote, anch’egli Ludovico, che nel 1588 avrebbe ricevuto la nomina di arcivescovo di Monreale: è questo secondo Torres che nel 1582 per incarico dello zio fa stampare la Regola benedettina, tradotta in volgare per essere meglio compresa.
Pochi anni dopo, nel 1589, un’anonima mano femminile estrarrà dalla Regola generale quanto riguarda le donne – “noi monache” – e lo farà “per commissione et autoritade del nostro reverendissimo Vescovo”. Ogni tanto però cambierà la costruzione della frase e l’ammorbidirà, mostrando inaspettate competenze linguistiche e anche teologiche: le monache rimangono “oltre la grata” ma di tutte loro troviamo traccia negli archivi, che nel restituirci il passato ci consegnano la storia della nostra identità.
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