Esposto nella chiesa di Santa Rosalia, in occasione del giubileo su iniziativa di don Francesco Terrasi
MONREALE, 17 aprile – Anche la parrocchia di Santa Rosalia, come antico luogo di memoria nella sosta di passaggio di Santa Rosalia, custodisce la traccia della sua santità.
In occasione dell’anno giubilare del IV centenario del ritrovamento delle reliquie di Santa Rosalia (1624-2024), nella chiesa che porta il suo nome sarà esposto il reliquiario argenteo che custodisce il “conta preghiere”, antesignano del Rosario, usato da Rosalia Sinibaldi. Lo strumento di preghiera è conservato nella cappella reliquie della santa romita nella cattedrale di Palermo e su iniziativa di Don Francesco Terrasi, parrocco della chiesa, sarà ospitato da venerdì 19 a domenica 21 aprile a Monreale.
La parrocchia di Santa Rosalia si inserisce, quindi, nel cammino giubilare Rosaliano (10 luglio 2023-4settembre 2024) con l’iniziativa “Con Rosalia verso Cristo”, e condivide nelle proposte promosse dall’arcidiocesi di Palermo alcuni segni giubilari, tra cui quello della peregrinatio dei reliquiari della santa che visitano le comunità parrocchiali nei segni di “Rosalia pellegrina di speranza”.
Così come ha ricordato nel messaggio alla chiesa palermitana l’arcivescovo Corrado Lorefice Rosalia è “il profumo di una donna che attraversa il tempo per dare speranza anche al nostro tempo. Attraverso la presenza delle sue reliquie, la nostra ‘santuzza’ ci vuole ‘contagiare’ dell’amore di Dio e del prossimo per liberarci dalla pandemia devastante della sclerocardia, dell’indurimento dei cuori (cfr Mc 10,5; Ef 4,18) e dal dilagare dell’iniquità, che in molti ha raffreddato l’amore”.
“Il giubileo Rosaliano, lungi dall’essere una mera commemorazione di un evento o solamente un insieme di manifestazioni di carattere religioso o civile, è innanzitutto una preziosa occasione di grazia per rinsaldare la vita di fede della comunità – commenta Padre Francesco Terrasi - riscoprendo la chiamata alla santità e alla responsabilità di un rinnovamento spirituale, a partire proprio dall’esperienza della preghiera che si fa ascolto e accoglienza della parola del Signore e rende presente Dio – aggiunge - il quale visita il suo popolo attraverso quelle figure di santità suscitate da lui in ogni tempo, lasciandosi incontrare da Cristo ci guidano nel vivere la vera fraternità costituita da quei legami di amore e di comunione con Dio e – conclude - tra noi rinnovano e ringiovaniscono il volto della Chiesa”.
Il “conta preghiere”, rinvenuto insieme alle reliquie della santa nel luglio del 1624, è formato da un numero di piccole sfere in pietra dalla forma lavorata allungata di diverso formato e congiunti insieme a formare una sorta di corona arcaica che richiama il Rosario attuale. L’uso di questo strumento di preghiera affonda le sue radici tra il V e VI secolo dopo Cristo, in uso presso gli eremiti e anacoreti orientali. L’uso di contare preghiere ripetitive o di varie formule rituali penitenziali o di intercessione, nasce principalmente nei monasteri dove la ricerca della comunione con Dio costituiva l’unica occupazione. Esso, dunque, è la sintesi della spiritualità monastica orientale basata sulla ricerca della solitudine e della pace contemplativa, segno tangibile di una vita di preghiera. Allo stato attuale, il “conta preghiere” è formato da dodici grani, terminante con una croce dello stesso materiale.
Esso, però, è solo una parte di quello che era lo strumento nella sua completezza, perché altri pezzi si trovano ancora incastonati nelle concrezioni calcaree, insieme alle reliquie della santa che per l’azione delle acque continuamente stillanti nella grotta del Monte Pellegrino, per secoli, hanno fatto sì che i resti mortali della “santuzza”, custodite nell’urna argentea processuale del 1631 e custodite nella Cappella della santa nella cattedrale di Palermo, siano tutt’oggi in buona parte inglobate in spesse concrezioni di natura calcarea