Accorato monito dell’arcivescovo nel corso del Pontificale del SS:Crocifisso. LE FOTO
MONREALE, 3 maggio – L’attenzione era incentrata sulle condizioni meteo: processione sì, processione no, come ha ribadito don Giuseppe Salamone nell’annunciare il rinvio della discesa a spalla per il rischio pioggia. L’arcivescovo, invece, si è soffermato sul significato della Croce. A cominciare da quello del suo segno. Un piccolo gesto, semplice e quasi scontato, che però, è ricco, ricchissimo di valori.
È stato proprio il significato della Croce al centro dell’omelia di monsignor Pennisi, in una Collegiata gremita, in occasione del solenne pontificale che ogni 3 maggio precede l’avvio della processione.
“I nostri bambini sanno farsi il segno della croce bene? - ha tuonato il presule dal pulpito della Collegiata - E voi, papà, mamme nonni, nonne, padrini, madrine, dovete insegnare a fare bene il segno della croce. Insegnare ai bambini a fare bene il segno della croce. Se lo imparano da bambini lo faranno bene dopo, da grandi.
Quando facciamo il segno della croce lo facciamo bene? – ha proseguito monsignor Pennisi – Siamo consapevoli di quello che facciamo e diciamo? Ci ricordiamo che Gesù ci rivela l’amore del Padre con il dono dello Spirito Santo? La croce ci rivela il mistero di amore della SS. Trinità per questo la facciamo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Dobbiamo ancora chiederci “Come porto io la croce: come un ricordo? Come un simbolo di appartenenza a un gruppo religioso? Come un ornamento, come un gioiello da far ammirare agli altri?». Oppure «ho imparato a portarla sulle spalle ricordando quello che ha detto Gesù:” chi non prende la sua croce dietro di me non può essere mio discepolo?”.
Ognuno di noi - sono state ancora le parole del vescovo - non solo oggi ma ogni giorno guardi il crocifisso, guardi questo Dio che si è fatto peccato perché noi non morissimo nei nostri peccati e avessimo la vita eterna.
Il Crocifisso non può essere strappato, prima che dalle mura delle nostre scuole o degli edifici pubblici, dal nostro cuore, dalla nostra mente, dalle nostre spalle.
Fissando il Crocifisso e pensando alle nostre croci, ai nostri peccati oggi dobbiamo invocare da Cristo Crocifisso la grazia della conversione, del pentimento dei nostri peccati, del proposito di vivere una vita nuova.
Essere devoti del Crocifisso è essere devoti dell’amore a tutti i costi , un amore che sorprende per la sua generosa radicalità.
Nel volto del Crocifisso - ha concluso il presule - risplende la bellezza, il perdono e l'amore coinvolgente di quello che come “Patruzzu amurusu". Lasciamoci guardare dal Crocifisso e guardiamo il Crocifisso per far nostra quella sua compassione per noi stessi e per i nostri fratelli”.
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