Duecento anni di mafia nel libro ''Il Palazzo dei Pupi'' di Pippo Di Vita
La presentazione si è tenuta venerdì al complesso Guglielmo II di Monreale
MONREALE, 5 marzo – Si è svolta venerdì, nel salone “San Benedetto” del complesso monumentale Guglielmo II, la presentazione del libro “Il Palazzo dei Pupi, scritto da Pippo Di Vita edito da Armando Siciliano Editore che il 21 settembre scorso è stato premiato con il “Premio Livatino”.
L’evento è stato organizzato, con il patrocinio del comune di Monreale, su iniziativa dell' Osservatorio La Franca, dell' associazione Liberi di Lavorare e con la diretta partecipazione delle classi quinte del liceo scientifico Emanuele Basile di Monreale. L’incontro è stato moderato da Maria Rita Fedele.
Dopo i saluti istituzionali del neo assessore Fabrizio Lo e del consigliere comunale Santina Alduina, sono seguiti quelli della dirigente scolastica Loredana Lauricella.
È intervenuto don Giuseppe Ruggirello, che si è soffermato sul delitto Notarbartolo, del 1896 ed ha citato, una nota, risalente ai primi anni del 1900, a firma di Don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare, che criticava con la sua missiva, l'assoluzione, avvenuta a conclusione del processo dei mandanti e degli esecutori del barbaro omicidio e definiva la mafia, gli apparati dello Stato deviati e i magistrati corrotti, un tutt'uno omogeneo, ossia i corrotti, i complici e gli assassini erano tutti funzionali tra loro nel perpetrare il crimine. Sottolineato il forte impegno della Chiesa contro la mafia, che di lì a poco avrebbe ucciso anche a Monreale il sacerdote don Gaetano Millunzi, che in seno alla curia di Monreale aveva fondato la Cassa Rurale, per combattere direttamente e senza mezzi termini, di fatto, il dramma dell' usura.
Biagio Cigno, presidente dell'associazione Liberi di lavorare, ha analizzato l'aspetto economico del sacco edilizio di Palermo e l' emigrazione dai paesi dall' entroterra della provincia di Palermo, ma anche di tutta la regione, verso la citta', che seguì al bando dei numerosi concorsi e alle assunzioni pubbliche che favorì, il conseguenziale proliferare di palazzi e di costruttori senza scrupoli che riciclavano denaro sporco.
Infine, tra i relatori è intervenuta Graziella Accetta Domino, madre del piccolo Claudio Domino di 12 anni, ucciso dalla mafia, che ha toccato il cuore di tutti parlando dell'omicidio avvenuto durante il maxi processo. La sua azienda, dopo il dramma, fu distrutta dai poteri statali, dopo avere vinto l'appalto della pulizia dell'aula bunker. Graziella Accetta ha anche parlato dei tanti bambini uccisi dalla mafia, che ha mostrato di non avere né onore, ne' dignita'.
La mamma coraggio ha affermato: "L'omicidio di mio figlio ha permesso la condanna dei mafiosi messi alla sbarra da Falcone e Borsellino. Non voglio vendetta, ma verità e giustizia. La terra di Claudio e' terra di bellezza e di amore e la vendetta è contro la nostra cultura". Alla presentazione del libro di Di Vita era presente anche Giovanni Impastato, neo segretario del comune di Monreale, che emozionato ha portato la sua testimonianza su Claudio Domino, ricordando che da segretario del comune di Cinisi, ha dato corso all'intitolazione del parco giochi inclusivo alla memoria della piccola vittima.
Nel presentare Di Vita, Maria Rita Fedele ha reso protagonisti gli studenti facendo loro eseguire una scena corale di drammatizzazione come in un' agora', dove studentesse e studenti hanno recitato anche in lingua dialettale, pensieri e frasi storiche di Pasolini, Camilleri, Dante e Sciascia.
Di Vita si e' complimentato sia con i ragazzi che con la Fedele che ha magistralmente orchestrato la drammatizzazione. Infine gli studenti hanno formulato diverse domande pertinenti, all'autore del libro, mirate e peculiari al tema trattato, alle quali Di Vita ha risposto con profonda conoscenza dei fatti, dovuta sia all'esperienza personale vissuta in seguito all' uccisione dell'ex suo suocero, che a di fatti che sono riportati nel libro e che sono ampiamente documentati e che si possono ulteriormente approfondire e meglio spiegare, per interrogarsi sul perché dopo 200 anni ancora il fenomeno mafioso non venga sradicato e debellato.
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