Opera dei Pupi e pandemia, quale futuro per un patrimonio orale e immateriale tra i più importanti dell’umanità?
La crisi di associazioni, compagnie e pupari fermi da oltre tre mesi a causa del virus
MONREALE, 12 giugno – La pandemia ha fermato le gesta dei paladini di Carlo Magno, e con esse l’attività di tante compagnie dell’opera dei pupi, e non solo. Le misure restrittive hanno interrotto bruscamente quella che sembrava essere una nuova primavera fatta di spettacoli, iniziative televisive, incontri e dibattiti sul mondo dei pupi, patrimonio dell’umanità e orgoglio dei siciliani.
Gesta e avventure fermate non da incantesimi di maghi, da formule e carte magiche, ma da un virus venuto fuori improvvisamente e inaspettatamente, probabilmente per mano dell’uomo.
Sono bastati tre mesi di stop per mettere in luce i limiti e le difficoltà di un comparto che nonostante il prestigioso riconoscimento Unesco non gode della giusta attenzione delle Istituzioni.
Dopo mesi di silenzio l’opera dei pupi torna a far parlare di sé.
Due gli interventi di rilievo che vogliamo portare all’attenzione degli appassionati che potrebbero aprire nuovi e futuri scenari.
Partiamo dalla notizia riportata dal Giornale di Sicilia dello scorso 27 maggio, che riguarda l’iniziativa promossa dal Museo delle Marionette Antonio Pasqualino per voce del suo Direttore Rosario Perricone, insieme a ben 11 compagnie della Sicilia, il quale rivolgendosi alle Istituzioni nazionali e in particolare agli Enti Locali ha lanciato il grido d’allarme, attraverso un’accorata richiesta di interventi e formulando nello stesso tempo una serie di proposte per superare questa grave crisi che sta mettendo a rischio il futuro di un patrimonio culturale, che non può e non deve essere disperso, e delle stesse compagnie di pupari dell’isola.
Patrimonio orale e immateriale dell’umanità e primo tra i beni da tutelare e salvaguardare riconosciuti dall’Unesco, l’opera dei pupi con le sue storie di paladini e di uomini, per sopravvivere e trasmettere questo importante patrimonio valoriale alle nuove generazioni deve continuare a essere rappresentata e resa fruibile.
Questo il monito rivolto alle istituzioni nazionali, regionali e comunali affinché si adoperino con aiuti di vario genere e con soluzioni immediate e concrete.
Tante le proposte avanzate, dalla creazione di produzioni digitali, alla catalogazione, e schedatura dei patrimoni materiali (fondali, scene e copioni) dal finanziamento straordinario, agli sgravi fiscali (affitti, spese di utenze varie) fino alla programmazione di spettacoli all’aperto in luoghi che consentono il rispetto delle norme e il distanziamento sociale.
Primi interventi che darebbero una boccata d’ossigeno alle compagnie di pupari nell’attesa di una riorganizzazione del comparto alla luce di nuove modalità di fruizione degli spettacoli. Dunque, un ruolo attivo degli enti locali e in particolar modo dei comuni dove le compagnie insistono.
A fare da contraltare l’intervento del noto puparo Mimmo Cuticchio fondatore dell’Associazione Figli d’Arte Cuticchio, sempre attraverso le pagine dello stesso quotidiano, che riporta la posizione assunta dall’associazione e le motivazioni della mancata adesione tra i firmatari dell’iniziativa appena richiamata.
Mimmo Cuticchio dichiara che la ragione di tale assenza è da ricercare nel mancato coinvolgimento dell’associazione che rappresenta, da parte del Museo.
Nel suo intervento cita il ruolo del prof. Antonio Pasqualino e le tante iniziative per tenere vivo l’interesse del pubblico con una rassegna dell’opera dei pupi che coinvolse le poche compagnie attive in quegli anni.
Cuticchio rivendica il proprio ruolo di sostenitore e innovatore di un mestiere e di un’arte, come quella dell’opera dei pupi, che risale agli anni Settanta del secolo scorso, quando andando controcorrente intraprese un percorso che seppur rispettoso della tradizione ha rinnovato il linguaggio con la scrittura di nuovi copioni e il coinvolgimento di giovani in attività di laboratorio e di formazione.
E, continua facendo i distinguo tra chi tiene in mano i pupi mettendo in scena scontri e combattimenti con effetti speciali quasi stereotipati e chi invece sa dare anima ai pupi e sa guidare i giovani ad avvicinarsi al mondo dell’Opra, affermando di essere stato l’anello di congiunzione tra un’epoca e l’altra, facendo del suo mestiere la ragione di vita. Ha evidenziato l’importanza dei messaggi che le storie dei paladini trasmettono, ovvero i valori identitari del popolo siciliano, quali l’amicizia, la lealtà, la giustizia e l’amore della famiglia, sentimenti universali che rendono il teatro dei pupi contemporaneo.
Cuticchio facendo riferimento all’appello oggetto del suo intervento dice di essere d’accordo con la richiesta di aiuti rivolta agli amministratori al fine di scongiurare la scomparsa delle compagnie e dei teatri, ma precisa che ciò deve avvenire tenendo conto di chi vive di questo lavoro non occasionalmente, e in rapporto alla qualità del proprio modo di operare anche al di fuori dei confini regionali e nazionali; per concludere con l’affondo che “disperdere le già esigue risorse destinate al teatro dei pupi, nell’intento demagogico di non scontentare nessuno, non tenendo conto delle qualità dei progetti, e del valore artistico, significa squalificare il patrimonio culturale siciliano, in un momento in cui lo si vorrebbe invece riqualificare e, finalmente rilanciare”.
Parole forti che non mancheranno di creare un dibattito, e che auspichiamo non lasceranno indifferenti le istituzioni, nel rispetto delle diverse posizioni.
Al pubblico non rimane altro che sperare di ritrovarsi al più presto davanti al teatro dei pupi ad assistere alle gesta dei paladini di Francia, in nome di una tradizione e di un linguaggio, patrimonio di un intero popolo.
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