Ignazio Davì spiega i motivi del suo voto favorevole in Consiglio comunale
MONREALE, 15 gennaio – “Ho sempre voluto evitare polemiche per mia scelta, ma adesso credo sia arrivato il momento di ristabilire la verità, obiettivo al quale non hanno mirato le affermazioni del segretario”. È un Ignazio Davì arrabbiato quello che rilascia dichiarazioni a proposito della sua posizione sulla questione dell’adesione del Consiglio comunale alle legge Finanziaria 2018 che assegna al Comune di Monreale la possibilità, pur remota, di evitare il dissesto finanziario.
Davì, come è storia ormai nota, ha sostenuto l’adesione al provvedimento con il suo voto favorevole, tanto nella prima seduta, quella di giovedì sera, che in quella di venerdì, assumendo una posizione ben diversa da quella dei suoi colleghi di partito che in occasione della prima votazione hanno abbandonato l’aula al momento del voto, per poi astenersi nel corso della seconda votazione.
“Credo che sia palesemente falsa – afferma Davì – la dichiarazione secondo la quale il Pd abbia responsabilmente consentito l’approvazione della SalvaNapoli. È sotto gli occhi di tutti, infatti, come i consiglieri Di Benedetto, Quadrante e Russo siano sgattaiolati fuori dall’aula quando c’era da votare giovedì sera, facendo mancare il numero legale e determinando con questo comportamento una duplice conseguenza: una politica, dettata dalla mancata approvazione dell’atto, l’altra economica, considerato che è stato necessario convocare una seconda seduta, con il conseguenziale aggravio di spese.
Credo che sia un atto gravissimo aver sottoposto il sindaco ad un vero e proprio ricatto politico, ma soprattutto l’aver anteposto l’interesse personale al bene della città, agitando lo spettro dello scioglimento del Consiglio comunale. Di fronte a queste posizioni ho deciso di votare sì senza pressioni, ritenendo più importante dare la possibilità alla città di poter sfruttare questa opportunità, per quanto remota, data dalla legge.
Reputo del tutto ininfluente, poi, - prosegue Davì - la scelta del Pd di astenersi durante la seconda votazione, dal momento che, con un numero minimo ridotto a dieci, hanno votato sì quindici consiglieri e ben venti erano presenti. Ritengo, pertanto, che l'unioco senso di responsabilità lo abbia dimostrato l'area vicina al presidente del gruppo Pd all'Ars, Giuseppe Lupo.
Quanto alle posizioni che ciascun consigliere deve o vuole mantenere – conclude - , trovo assurdo ostacolare un provvedimento voluto dal governo Gentiloni a guida Pd solo per rancori personali che non fanno bene alla città. Ricordo al segretario, infine, che esiste una pluralità di vedute e che esercitare il ruolo è cosa diversa dal “minacciare” sanzioni, come avviene a scuola”
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