Così si è pronunciato il tribunale di Palermo, per il quale “il fatto non sussiste”
MONREALE, 3 febbraio – Coltivare piante dalle quali si ricavano sostanze stupefacenti, benchè sia considerato reato dalla legge, può non essere perseguibile penalmente se la quantità è modesta, se le tecniche di coltivazione sono rudimentali e soprattutto se questa non lede la salute pubblica e non favorisce la circolazione della droga nel mercato.
Sulla base di questi princìpi, affermati peraltro da alcuni pronunciamenti della Cassazione, il giudice Monica Sammartino, appartenente alla seconda sezione penale del tribunale di Palermo, ha assolto S.G., 43enne monrealese, che nel 2018, al termine di una perquisizione domiciliare, era stato trovato in possesso di una piantina di marijuana alta 90 centimetri, che coltivava in balcone.
I carabinieri, in quella circostanza, sulla base di fonti confidenziali che reputavano attendibili, si erano recati a casa di S.G., zona “case popolari”, dove per quasi un’ora avevano rovistato nella sua abitazione, fino a quando, oltre ad 1,6 grammi di hashish, non avevano rinvenuto pure la pianta. Per il monrealese era scattata, quindi, la denuncia per coltivazione di sostanze stupefacenti.
Il giudice, però, lo ha assolto perchè “il fatto non sussiste”, accogliendo la tesi difensiva dell’avvocato Piero Capizzi, secondo il quale, proprio come ha indicato la Suprema Corte, in fase dibattimentale ha sostenuto che vanno tenute in considerazione la scarsa incidenza che quella piantina avrebbe potuto avere sul mercato e soprattutto il fatto che quella coltivazione non avrebbe messo a rischio la salute pubblica che, in fin dei conti è l’obiettivo primario a cui la legge deve mirare.
Per S.G., quindi, è scattata l’assoluzione, nonostante il piemme, stante la recidiva dell’imputato, in passato coinvolto in fatti analoghi, avesse chiesto un anno e due mesi di reclusione.