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''Operazione Breccia'', un imprenditore denuncia il suo strozzino: le indagini partono così

| Enzo Ganci | Nera e giudiziaria

Un monrealese coinvolto: avrebbe svolto il ruolo di mediatore. Aveva precedenti: già nel 2013, da arrestato, esercitava pressioni per ottenere pagamenti

PALERMO, 13 dicembre – L’operazione odierna, condotta dai carabinieri del Ros, con il supporto dei militari del Comando Provinciale di Palermo, del Nucleo Elicotteri e del Nucleo Cinofili, ha portato all’arresto di otto indagati (uno dei quali, nelle more, deceduto per cause naturali), gravemente indiziati, in concorso tra loro ed a vario titolo, di usura ed estorsione (tentata e consumata) aggravata dal cosiddetto metodo mafioso.

Il provvedimento, come detto in un articolo precedente, è stato emesso dal GIP del Tribunale di Palermo su richiesta della locale Dda.
L’indagine è stata avviata nel febbraio 2017 a seguito delle sommarie informazioni, prima, e della formale denuncia, poi, presentate un imprenditore attivo nel settore dell’intermediazione immobiliare e deputato alla gestione di cospicui cespiti fondiari.
Nel 2016, a seguito dell’operazione Brasca del Ros che colpì i vertici del mandamento di Villagrazia-Santa Maria di Gesù, l’imprenditore ha dichiarato di essere stato vittima di estorsioni ed usura messe in atto da soggetti con i quali era venuto in contatto in ragione dell'attività professionale svolta nel settore immobiliare, che solo in un secondo momento avrebbe scoperto essere esponenti mafiosi e che ben presto sarebbero giunti ad esercitare nei suoi confronti forme di pressione per coartarne la libertà negoziale.

Le sue dichiarazioni hanno trovato riscontro nel contesto associativo che era stato ricostruito con la citata indagine “Brasca” cui appartiene la maggior parte dei destinatari del provvedimento ed a cui può ascriversi la regia delle descritte attività estorsive.
Secondo quanto emerso dalle dichiarazioni della vittima e dalle attività di riscontro (che si sono avvalse del prezioso contributo delle intercettazioni effettuate nel corso dell’indagine Brasca) la vicenda ha inizio nel 2010 con l’acquisto di un immobile in corso di edificazione in zona Arenella che determinava una importante esposizione dal punto di vista finanziario.
Sarebbe, quindi, subentrato uno degli indagati, già destinatario dell’operazione Brasca, il quale avrebbe elargito al denunciante prestiti per un ammontare di 80.500 euro dei quali avrebbe preteso la restituzione a tassi usurari (fino al 2.607 % su base annua), ottenendo dalla vittima l’emissione di assegni di importo comprensivo anche degli interessi usurari e finanche la stipula di un atto di vendita di un appartamento con la promessa di conteggiare il debito di 60.000 euro (comprensivo della somma a capitale di 30.000 euro a suo tempo concessa e degli interessi a tassi usurari concordati e assistito da assegni) nel calcolo complessivo dei rapporti di dare e avere maturati tra i due.

Al fine di ottenere il pagamento delle somme pretese, l’autore del prestito si sarebbe rivolto agli esponenti mafiosi di Villagrazia per chiedere un intervento sul debitore: in questo senso, importanti riscontri sono giunti dalle intercettazioni ambientali effettuate, nel corso dell’indagine Brasca, presso un’impresa di lavorazione marmi che, come già appurato nel corso del medesimo procedimento, definito con sentenza irrevocabile, era il luogo destinato a riunioni tra gli esponenti della consorteria mafiosa oltre che agli incontri con le vittime delle attività estorsive, appositamente ivi convocate.

In una prima fase, sarebbe stato individuato quale referente mafioso per la famiglia di Monreale (sede delle attività dell’imprenditore e, dunque, “territorialmente competente”) nonché mediatore delle pretese degli uomini d'onore di Santa Maria di Gesù – Villagrazia, un soggetto di Monreale.
Al fine di esercitare una più decisa azione di convincimento sulla vittima, sarebbero poi intervenuti direttamente gli esponenti del mandamento, compreso l’allora capo mandamento, oggi deceduto.
È, inoltre, emerso l’interesse (poi non concretizzatosi in atti negoziali) degli esponenti mafiosi del mandamento di Villagrazia-Santa Maria di Gesù per l’acquisizione di alcuni immobili gestiti dall’imprenditore, e in particolare per un complesso immobiliare di prestigio sito a Canicattì (AG) dal valore stimato di circa 4 milioni di euro.

Nel 2013, il soggetto monrealese individuato quale “mediatore” veniva tratto in arresto per associazione mafiosa ma, nonostante lo stato di detenzione, avrebbe esercitato - mediante i propri familiari e, ancor più incisivamente, mediante un altro degli indagati, legato da vincoli di parentela ad importanti esponenti mafiosi della famiglia della Noce – infruttuose pressioni sulla vittima al fine di ottenere la corresponsione di somme di denaro da destinare al sostentamento del proprio nucleo familiare.
Sono state ricostruite, infine, le estorsioni praticate in danno dell’imprenditore da parte di altri due indagati i quali, mediante violenza e minacce, in ragione di un credito ammontante a 150.000 euro sarebbero riusciti a farsi rilasciare una procura speciale a vendere una struttura ricettivo-alberghiera, del valore, evidentemente sproporzionato rispetto al credito vantato, di 250.000 euro;  i due, inoltre, avrebbero costretto la vittima a rinunciare ad una caparra già versata di 332.840 euro, per l’acquisto di una villa sita in Altavilla Milicia, che veniva invece acquistata da uno di loro, sfruttando a proprio favore la predetta caparra quale parte del corrispettivo e senza mai restituirla alla vittima.

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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