Non era un tombarolo, assolto numismatico monrealese

I carabinieri gli avevano sequestrato 117 monete romane, ma la provenienza era lecita

MONREALE, 18 gennaio – Sono passati quasi cinque anni da quella calda giornata di luglio, era il 2014, quando A.R., collezionista monrealese di numismatica, dovette subire in casa propria il blitz dei carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Artistico, che gli sequestrarono ben 117 monete risalenti all’epoca romana e 17 cocci di beni archeologici.

Per i militari fu quasi fisiologico denunciare l’uomo a piede libero per possesso di beni di interesse storico e ricettazione. Oggi, però, il collezionista è stato assolto. A pronunciarsi a suo favore Vincenza Gagliardotto, giudice monocratico della quinta sezione penale del tribunale di Palermo, che ha accolto le tesi della difesa che affermava la provenienza lecita di quei beni assai preziosi.
A.R., infatti, non era e non è un “tombarolo”, ma un esperto collezionista, appassionato di numismatica e di reperti archeologici, che aveva acquistato quelle monete online, su importanti siti specializzati di livello internazionale, che operano in Inghilterra e negli Stati Uniti e che quindi è stato in grado di dimostrare la provenienza delle monete stesse, grazie alla tracciabilità necessaria per gli acquisti su internet.


Di più: la difesa costituita dall’avvocato Piero Capizzi ha pure sottolineato un particolare storico, affermando come non fosse dimostrabile la riconducibilità allo Stato italiano di quei reperti, considerata la grande vastità dell’impero romano. In pratica, quelle monete sarebbero potute provenire da un Paese diverso dall’Italia, in cui vige tutt’altra normativa sula materia.
Discorso diverso per i 17 cocci di vasi: non appartenevano al monrealese, ma ad un altro soggetto (che ha confermato), che aveva chiesto a A.R. di far da intermediatore per una eventuale vendita e che proprio per questo glieli aveva consegnati.
Con la sentenza di assoluzione, adesso, è arrivato pure il provvedimento di restituzione delle monete al legittimo proprietario, mentre i cocci sono finiti sotto la tutela della Soprintendenza. "E' stato un lavoro molto difficile - afferma la difesa - data la complessa normativa che regola il settore. alla fine, però, giustizia è stata fatta".