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Quel “detto Salvino” sul quale punta l’attenzione la magistratura

| Enzo Ganci | Nera e giudiziaria

Secondo la procura termitana sarebbe stato un escamotage per raggirare gli elettori

TERMINI IMERESE, 4 aprile - A giocare un ruolo importante in questa vicenda che ha portato alla misura degli arresti domiciliari per Salvino e Mario Caputo sarebbero stati quel “detto Salvino” e l’assenza di una foto su manifesti e fac-simile elettorali che individuasse in maniera chiara e netta l’identità del candidato.

Di questo almeno sono convinti il procuratore della Repubblica di Termini Imerese, Ambrogio Cartosio, il sostituto Annadomenica Gallucci, e il comandante provinciale Carabinieri di Palermo, Colonnello Antonio Di Stasio che hanno tenuto stamattina una conferenza stampa nei locali della procura termitana per spiegare l’operazione, che hanno denominato “Voto connection” con la quale i due esponenti di Noi con Salvini sono finiti ai domiciliari assieme al 62enne Benito Vercio.
La misura cautelare è stata applicata agli indagati per il reato di “attentato contro i diritti politici del cittadino” per avere, così come afferma la Procura, determinato, con l’inganno, gli elettori all'esercizio del loro diritto politico in senso difforme dalla loro volontà.

In particolare, i politici in questione avrebbero fatto in modo che, a fronte della candidatura all’Ars di Mario Caputo, il corpo elettorale fosse orientato a pensare che il proprio voto servisse a sostenere la candidatura del fratello, che però era incandidabile ai sensi della “Legge Severino” e secondo quando stabilito dal codice di autoregolamentazione dei partiti, deliberato dalla Commissione Parlamentare Antimafia.
A tal fine, quindi, secondo quello che sostiene la Procura termitana, avrebbero attivato, durante la campagna elettorale, una serie di meccanismi volti a trarre in inganno l’elettorato. In particolare, sia i manifesti elettorali che i volantini distribuiti recitavano solo il cognome del candidato “Caputo” (omettendo qualsiasi effige fotografica) e, nella lista, Mario aveva fatto aggiungere al proprio nome l’ appellativo “detto Salvino”, con il quale era invece conosciuto il fratello Salvatore.
Inoltre, in numerosi comuni della Provincia di Palermo Salvino si sarebbe presentato al corpo elettorale come se fosse lui (e non il fratello Mario) il reale candidato. Pertanto gli elettori, nelle deduzioni della magistratura termitana, lo scorso 5 novembre, si sarebbero recati alle urne convinti di avere espresso la propria preferenza per Salvino Caputo.

Nel corso delle indagini, la Procura della Repubblica avrebbe, inoltre, riscontrato dodici episodi di compravendita di voti in cambio di promesse di posti di lavoro o altre utilità compiuti da Salvino Caputo e da Benito Vercio assieme con ulteriori indagati.
Nell'indagine, infatti sono coinvolti anche l'assessore comunale alla Pubblica istruzione di Termini Imerese, Loredana Bellavia, il consigliere comunale Michele Galioto e dipendenti comunali fra i quali Agostino Rio, bibliotecario arrestato nei mesi scorsi con l'accusa di assenteismo. L'indagine è partita da un esposto anonimo dell'aprile 2017 proprio su questa vicenda.

· Enzo Ganci · Editoriali

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