Antonino Burrafato, un esempio di senso del dovere, un eroe dimenticato
Nel ricordo delle vittime di mafie si è soliti ripetere sempre gli stessi nomi, forse perché più facilmente inseriti nella memoria collettiva ed amplificata dagli organi di comunicazione.
Di tanti eroi o vittime innocenti delle mafie, invece, nessuno fa cenno e si rischia di perderne la memoria, quella memoria che dovrebbe essere sempre presente e da monito alle nuove generazioni.
Oggi vorrei ricordare la figura di Antonino Burrafato, nato il 13 giugno 1933 a Nicosia, provincia di Enna, ed assassinato a Termini Imerese il 29 giugno 1982.
Ricopriva la carica di vicebrigadiere della Polizia Penitenziaria e prestava servizio all’ufficio matricola presso la casa circondariale di Termini Imerese.
Nel 1982 presso il penitenziario transitò Leoluca Bagarella che stava tornando a Palermo a causa della morte del padre e dato che gli doveva essere notificata una ordinanza di custodia clientelare non poteva partecipare ai funerali.
Burrafato, cui competeva la responsabilità, adempiendo al regolamento, impedì al boss mafioso di partecipare ai funerali del padre.
Né scaturì una accesa discussione tra i due ed Bagarella minacciò Burrafato e giurò che si sarebbe vendicato.
Qualche tempo dopo, il 29 giugno 1982, in piazza Sant'Antonio alle ore 15,30 a poche decine di metri dal carcere, mentre il vicebrigadiere stava recandosi al lavoro, un commando composto da quattro uomini armati lo assalì proditoriamente, provocandone la morte avvenuta all’ospedale Cimino di Termini Imerese a causa delle ferite riportate.
In quella data si giocava la partita dei mondiali di calcio Italia-Argentina e la gioia dei termitani per la vittoria dell’Italia venne oscurata dal barbaro omicidio.
Come di consueto, in quel periodo di stragi fu messa in atto la tattica del depistaggio. La polizia non era riuscita ad individuare i colpevoli ed i mandanti. Si ipotizzò, addirittura, di una rivendicazione delle Brigate Rosse che assumendosi la paternità dell’omicidio additavano Burrafato come boia dell’Asinara, mentre questi non aveva mai prestato servizio in quel carcere.
Il nome di Burrafato e le indagini rimasero nel buio più profondo, fino a quando nel 1996 il pentito Salvatore Cucuzza confessò di aver partecipato all’assassinio del vicebrigadiere unitamente a Pino Greco detto “Scarpuzzedda”, a Giuseppe Lucchese ed Antonio Marchese, indicando come mandante Leoluca Bagarella, cognato di Salvatore Riina.
Cucuzza venne poi condannato a 13 anni mentre a Bagarella e Marchese venne inflitto l’ergastolo.
Il 26 giugno 2006 il Ministero della Giustizia conferì la medaglia d’oro al merito civile ed alla memoria all’agente e venne riconosciuto come vittima del dovere ai sensi della legge 466/1980 dallo stesso Ministero.
Il figlio Salvatore ed il giornalista Vincenzo Bonadonna hanno scritto sulla sua figura un libro dal titolo “Burrafato, un eroe dimenticato” mentre nel 2008 gli allievi del corso IFTS hanno realizzato un film inchiesta dal titolo “Antonino Burrafato – una storia vera” con interviste a Pietro Grasso, al PM Maurizio De Lucia, Vincenzo Bonadonna, Antonio Sperandeo segretario della CGIL termitana e Giuseppe Lumia.
Da sottolineare che ai suoi funerali, tra le numerose corone di fiori, due ghirlande furono inviate dai detenuti della casa circondariale, a testimonianza dell’umanità e del rapporto che Burrafato aveva con i detenuti che non lo consideravano un piantagrane, un nemico o uno che abusava della sua autorità.
Il 26 ottobre del 2018 il carcere di Termini Imerese dei Cavallacci, alla presenze delle massime autorità civili e su precisa richiesta di Santi Consolo all’epoca capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, venne intitolato ad Antonino Burrafato.
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