41 anni fa l’omicidio del capitano Emanuele Basile: i suoi insegnamenti sono sempre attuali
A causa della pandemia non si svolgerà la consueta solenne commemorazione. Solo una breve cerimonia alla presenza delle autorità
MONREALE, 3 maggio – Le sue indagini davano fastidio. Il suo “fiuto” era diventato quantomai pericoloso. Per questo il capitano Emanuele Basile, comandante della compagnia carabinieri di Monreale, era diventato un bersaglio mobile.
Un uomo da eliminare per fare in modo che i traffici illeciti delle cosche potessero procedere senza le inutili, anzi fastidiose zavorre delle istituzioni. L’ufficiale, infatti, era stato tra i primi a capire l’importanza del clan dei corleonesi negli affari loschi che anche e soprattutto a Monreale si svolgevano. Fu il primo a captare certe dinamiche mafiose, fino ad allora celate. Su di lui, quindi, la sentenza di piombo era già stata scritta.
E pazienza se per farlo fuori bisognava sconvolgere il clima di festa che regnava in quei giorni a Monreale. Anzi. Sbarazzarsi dell’ufficiale davanti a tutti, davanti a migliaia di persone che riempivano le strade cittadine, significava sottolineare e rimarcare l’egemonia di Cosa Nostra, capace di agire anche brutalmente come e quando voleva.
Fu per questo che l’agguato, quel 4 maggio 1980, scattò in uno dei punti più affollati del paese, largo Canale, proprio mentre Monreale festeggiava il suo Santo Protettore, portato in giro in processione.
Il commando che eliminò il capitano Basile entro in azione poco dopo la mezzanotte. Basile stava tornando a casa assieme alla moglie ed alla figlioletta Barbara che allora aveva quattro anni. Era reduce dal ricevimento che il Comune aveva dato a Palazzo di Città in occasione dei festeggiamenti del SS. Crocifisso. Gli assassini si erano confusi tra la folla, aspettando l'arrivo della vittima a piazza Canale. Sapevano con certezza che l'ufficiale sarebbe passato da lì. Spararono numerosi colpi fra la folla, diretti al capitano. La moglie sfuggì all'agguato per miracolo: fu salvata dall'agendina d'argento conservata nella sua borsa. Ad eliminare l'ufficiale ci pensò un commando composto da Vincenzo Puccio (poi assassinato nel carcere dell'Ucciardone a colpi di bistecchiera), Armando Bonanno (successivamente «inghiottito» dalla lupara bianca) e Giuseppe Madonia, della «famiglia» di Resuttana. A fornire il supporto logistico, invece, fu Giovanni Brusca, così come egli stesso ammise. I tre killer furono prima bloccati, poi rilasciati. Ci vollero ben sette processi perché fossero condannati definitivamente all'ergastolo, assieme ai boss della commissione di Cosa Nostra.
Oggi, così come lo scorso anno, a causa dell’emergenza pandemica, il capitano Basile non sarà ricordato con la cerimonia organizzata ogni anno dall’Arma dei carabinieri in collaborazione con l’amministrazione comunale. Alle ore 11, davanti la lapide che ne ricorda il sacrificio, il capitano Basile sarà commemorato con una breve cerimonia alla presenza del Prefetto Giuseppe Forlani, dei vertici dell’Arma e del sindaco di Monreale, Alberto Arcidiacono.
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