39 anni fa l’omicidio di Pio La Torre, instancabile politico e sindacalista

Fautore dell’articolo 416 bis, si è battuto anche contro l’installazione dei missili Nato a Comiso

MONREALE, 30 aprile – Sono le 9 del mattino del 30 aprile 1982 quando l’ex segretario regionale del Partito Comunista Italiano, Pio La Torre, rimane vittima di un agguato insieme al suo autista, Rosario Di Salvo, in via Turba.

La Fiat 132 su cui si trovano viene avvicinata da un paio di motociclette di grossa cilindrata con a bordo alcuni killer di Cosa Nostra, tra cui Pino Greco detto “Scarpuzzedda”, e crivellata di colpi. Termina così la vita di un infaticabile politico, sindacalista e pacifista, che fin da giovanissimo aveva sposato la causa dell’emancipazione contadina e si era distinto per le lotte in favore dei più deboli.
Pio La Torre nasce nel quartiere Altarello di Baida il 24 dicembre 1927, in un’umile famiglia di otto persone. A soli 17 anni decide di iscriversi al PCI, e la sua attività politica nasce nel pieno delle rivolte contadine che miravano alla riforma agraria. L’11 marzo 1950 viene arrestato a Bisacquino, dopo essere stato a capo di una memorabile protesta condotta da migliaia di persone e in seguito repressa violentemente dalla polizia per ordine di Angelo Vicari, prefetto di Palermo. Rimarrà in carcere per un anno e mezzo, periodo durante il quale la moglie, Giuseppina Zacco, darà alla luce il loro primogenito: il sindacalista lo stringerà tra le braccia per la prima volta proprio nel cortile dell’Ucciardone.

Nel 1952 La Torre entra a far parte del Consiglio comunale di Palermo, dal 1962 al 1967 ricopre la carica di segretario del PCI siciliano, dal 64 al 68 è pure consigliere comunale a Monreale e nel 1972 diventa membro della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno mafioso in Sicilia. L’introduzione dell’articolo 416 bis nel codice penale renderà per la prima volta reato l’associazione mafiosa: si tratta di una legge voluta sia da La Torre che dal giudice Cesare Terranova, due uomini delle istituzioni perfettamente coscienti della pericolosità dei rapporti tra la mafia e la classe dirigente isolana.

Pio La Torre fa ritorno nella sua terra natale nel 1981, quando le strade di Palermo sono quotidianamente bagnate dal sangue dei morti ammazzati: è la seconda guerra di mafia, che assicura ai Corleonesi il comando assoluto una volta terminata. Ma Cosa Nostra è interessata anche a trarre vantaggio dalla installazione dei missili Nato nella base militare di Comiso; Pio La Torre, deciso a contrastare tutto ciò con l’impegno che lo ha sempre contraddistinto, lancia un’ambiziosa petizione sottoscritta poi da un ingente numero di persone entro la fine dello stesso anno. Ma il suo cammino costellato di coraggio e determinazione sarà bruscamente interrotto pochi mesi dopo.
Il profondo senso di giustizia sociale e l’obbiettivo di liberare la Sicilia dalle maglie del crimine organizzato, lasciati in eredità dal deputato comunista, non scompariranno con il suo tragico assassinio. Nel 1986 nascerà ad Alcamo il Centro Studi Pio La Torre, inaugurato con queste parole del suo primo presidente, Francesco Artale: “Il patrimonio lasciato da Pio La Torre appartiene a tutti i lavoratori, alla gente onesta, a tutti quelli che lottano e operano contro la mafia e contro lo sfruttamento, a tutti quelli che lavorano per una Sicilia libera e produttiva e per un mondo senza missili e senza guerre”.