Il politico siciliano voleva dare nuove speranze alla sua terra fermando i rapporti tra alcuni uomini delle istituzioni e la mafia
PALERMO, 6 gennaio – Anche se nel 1995 tanti componenti di Cosa Nostra sono stati condannati per l’omicidio (tra cui Salvatore Riina, Michele Greco e Bernardo Provenzano) non è ancora stata fatta piena luce sull’agguato mafioso che costò la vita a Piersanti Mattarella.
Era il 6 gennaio 1980, Mattarella militava nella Democrazia Cristiana ed era presidente della Regione dal 9 febbraio del 1978, in una coalizione in cui presenziava anche il Partito Comunista Italiano.
All’Ars furono più di 70 su 100 i voti che lo vollero governatore regionale, e Mattarella aveva le idee chiarissime sul proprio programma politico: bisognava rinnovare l’assetto esistente e riconoscere in alcuni esponenti del suo stesso partito dei punti di riferimento concreti e pericolosissimi per la mafia isolana, due nomi per tutti quelli di Vito Ciancimino e di Salvo Lima.
Dopo l’assassinio di Peppino Impastato, membro della Democrazia Proletaria, irriverente e instancabile oppositore mafioso, ucciso a Cinisi il 9 maggio 1978 (proprio lo stesso giorno del ritrovamento del corpo di Aldo Moro) per volere del boss Tano Badalamenti, Piersanti Mattarella pronunciò un lungo e accusatorio discorso contro Cosa Nostra, proprio a Cinisi, rivelando che la mafia e le sue infiltrazioni nella politica avrebbero avuto i giorni contati. Dello stesso avviso anche il segretario regionale del PCI, Pio La Torre.
Ma quei colpi di pistola sferzati contro il democristiano, mentre si stava recando con la famiglia alla messa dell’Epifania, furono un fulmine a ciel sereno. Tristemente indimenticabile la foto scattata da Letizia Battaglia, che ritrae il corpo di Piersanti Mattarella tra le braccia del fratello Sergio, oggi presidente della Repubblica, ancora in parte a bordo della Fiat 132. All’inizio si pensò a un attentato operato dalla destra eversiva, ma dopo le dichiarazioni di Tommaso Buscetta, Gaspare Mutolo e Francesco Marino Mannoia si individuarono nei corleonesi e nei loro alleati i mandanti dell’omicidio. Sono ancora troppe, però, le incertezze riguardo all’accaduto: ciò che possiamo fare è celebrare la memoria di Piersanti Mattarella, un uomo politico di altissimo profilo, un uomo dello Stato che voleva sconfiggere una mafia sempre più potente e politicizzata, un membro delle istituzioni che intendeva contrastare con tutte le proprie forze l’ascesa dei membri corrotti e criminali del suo stesso partito. Questi sono i siciliani che vogliamo e dobbiamo necessariamente ricordare, per tenere sempre vivo e presente l’impegno della lotta contro la criminalità organizzata.