Il genio di Antonino Leto, in mostra a Palermo per rinnovarne la memoria

L'Anapo, una delle opere di Antonino Leto

E Monreale che cosa fa, per toglierlo dall’immeritato oblio?

MONREALE, 21 ottobre - La recente apertura della mostra “Antonino Leto Tra l’epopea dei Florio e la luce di Capri” alla Galleria d’Arte Moderna di Palermo ha portato alla ribalta la figura di un grande pittore siciliano dell’ottocento, troppo spesso trascurata dalla critica ufficiale e dagli storici dell’arte, eccezione fatta per la studiosa Maria Accascina, che già nel 1939 anno di pubblicazione del volume ‘Ottocento Siciliano – Pittura’ edito da “F.lli Palombi, Roma”, comprendendone l’enorme portata della sua pittura, ne evidenziò la grande levatura europea.

La mostra raccoglie un notevole numero di opere del maestro monrealese, che ripercorrendo la varie tappe e le varie esperienze riconsegna attraverso la sua pittura, la grandezza della sua arte e rende giustizia a un’artista tra i più importanti dell’ottocento italiano.Partendo dalla formazione presso lo studio di Luigi Lo Jacono e Luigi Barba, all’importante esperienza napoletana del 1864, dove conobbe Adriano Cecioni ed entrò in contatto con la scuola di Resina appena formatasi.Nel 1871, Antonino Leto vinse la medaglia d’oro alla Regionale di Siracusa con l’opera “La Bufera” e nel 1874 a Roma si aggiudicò il Pensionato Artistico con l’opera “La raccolta delle ulive”. Tra il 1876 e il 1879 è a Firenze, in stretto rapporto con l’ambiente dei macchiaioli e Giuseppe De Nittis - il più europeo tra i pittori italiani, che aveva partecipato, unico italiano all’Esposizione degli Impressionisti del 15 aprile 1874 a Parigi - suo coetaneo e amico ad animare gli incontri al Caffè Michelangelo, maturando così un linguaggio schiettamente aderente alla realtà, passando per la breve ed intensa attività nella capitale francese.

E proprio, grazie alla vasta produzione di opere eseguite a Firenze, di cui solo alcune sono pervenute e delle quali sono rimaste le foto custodite dal nipote a Palermo, che il mercante Goupil tra il 1879 e il 1880 lo volle a Parigi, divenuta la capitale dell’arte mondiale, confermandolo tra gli artisti più in vista del tempo, ricercato da collezionisti e apprezzato nel mercato dell’arte. Nel 1880 lavora agli affreschi delle dimore della famiglia Florio e nel 1881 dipinge il quadro “Le saline di Trapani” per Ignazio Florio.
Lasciata Parigi a causa delle sue precarie condizioni di salute, esegue opere di grande pregio, che segnano il ritorno alla tradizione tutta italiana di temi paesaggistici di mediterranea solarità e di puro lirismo.Dal 1882 in poi è a Capri, che Leto decide di vivere, per il clima più adatto alle sue condizioni di salute, e ultima dimora fino alla morte avvenuta nel 1913.
L’isola con le sue scogliere, il mare e le sue vedute è un luogo ideale per la sua ricerca pittorica, che abbandonata quasi del tutto la matrice impressionista diventa plastica e salda.
I soggetti rappresentati sono le vedute marinare, i pescatori intenti nelle loro attività ma, anche scene di vita agreste e angoli tipici dell’isola, descritti con pennellate rapide, fresche e di vibrante trasparenza, intrise di luminose e intense cromie, oltre ai meravigliosi ritratti di uomini e fanciulle di Capri.

Partecipa alle mostre di Roma dell’83 e a Nizza e Torino dell’84; nel 1887 dipinge “La mattanza a Favignana” che celebra l’attività del suo mecenate, opera di struggente pathos e d’intensa lotta tra l’uomo e il tonno, in un mare spumeggiante e agitato dalle forze in contrapposizione. Nel 1888 invia tre quadri all’Esposizione di Londra e nel 1894 partecipa all’Esposizione di Monaco di Baviera. Nel 1910 ormai fuori dai circuiti dell’arte partecipa alla Biennale Internazionale di Venezia e nello stesso anno ritorna per un breve periodo a Monreale.
Nel 1913, a Capri si conclude il percorso di un uomo, la cui esistenza è stata contraddistinta da un’esperienza artistica a contatto con i più grandi pittori dell’epoca, divenendo protagonista indiscusso di una stagione dell’arte di grande intensità e suggestione.
Fin qui la sua vicenda umana e artistica, ma perché tanta trascuratezza a fronte di una vasta e intensa attività pittorica tra le più importanti della Sicilia e dell’Italia, il cui profilo appare in tutta la sua grandezza, proiettandolo fuori dai confini nazionali?
Un oblio che trova giustificazione solo nella dispersione di molte opere e di documenti, quali la corrispondenza epistolare con De Nittis, Signorini e il Rossano, che ha condizionato lo studio sull’arte di Antonino Leto, ma che non spiega il disinteresse da parte della critica ufficiale verso la sua arte e di tanti altri pittori siciliani.

Se si considerano le poche iniziative, quali la pubblicazione del volume della fondazione Witaker “Ottocento siciliano – Pittura” a cura di Maria Accascina, la mostra romana del 1953 “L’arte e la vita nel mezzogiorno d’Italia “ e la monografia su Antonino Leto edita da Kalòs a cura di Franco Grasso, si può affermare che non vi è stato un fervore di studi e un interesse verso i pittori siciliani dell’ottocento.
Bisognava attendere la mostra di Palazzo Branciforte del 2013, in occasione del centenario della morte del nostro e la mostra di Palazzo Sant’Elia su Michele Catti, altro artista tra i più trascurati per riportare all’attenzione del pubblico così importanti artisti.
Ed è a proposito della ricorrenza del centenario dalla morte di Leto del 2013, che maggiormente pesa la scarsità di iniziative culturali di rilievo da parte della municipalizzata monrealese, che non ha trovato le risorse per una giusta e doverosa commemorazione allo scopo di divulgarne la conoscenza tra le nuove generazioni.
Eppure qualcosa è stato fatto, poco per la verità, ma è pur sempre un segnale e mi riferisco al lavoro della professoressa Maria Antonietta Spadaro che fu presente alla giornata di studi su Antonino Leto e alla proiezione un filmato sulla vita del nostro pittore.
In quella occasione, grazie alle ricerche degli operatori dell’archivio storico “Giuseppe. Schirò” e al rinvenimento di alcuni documenti in esso custoditi si è fatta luce sui rapporti tra i giovani artisti dell’epoca tra cui il Leto e il Municipio, che in diversi momenti ha incoraggiato il loro talento sostenendoli economicamente.

Antonino Leto è tra gli artisti più rappresentativi dell’area del mezzogiorno, ma quasi del tutto sconosciuto, e dire che noi custodiamo un’opera tra le più importanti della sua vasta produzione e cioè L’Anapo del 1870 esposta a Palermo quando il Leto aveva il sostegno di Ignazio Florio, oggi ubicata nella sede di rappresentanza del Municipio, donata nel 1872, alla sua città in segno di riconoscenza per le diverse elargizioni concesse dal Consiglio Civico negli anni della sua formazione e per il mantenimento agli studi, contraccambiata con la somma di lire mille che gli consentirà di continuare la sua carriera di pittore.

Con queste parole Maria Accascina descrisse L’Anapo di Monreale: “ Così si effonde un sentimento di idilliaca serenità dove la superficie delle acque stretta tra due bordi di papiri è osservata con attenzione, più suggerita da poetico animo che da pittorica indagine. Pare che il pittore viva tra realtà e sogno cercando di risolvere il dualismo tra natura e individuo e cercando di rendere uno stato dello spirito umano attraverso una stasi della natura”.
Nella mostra palermitana è presente un’altra opera di cui si è parlato molto in questi ultimi giorni e cioè l’opera “Paesaggio” 1962/63, in deposito al Circolo di Cultura Italia, come si legge nella targa apposta a fianco del quadro, di cui si nutre qualche dubbio circa la datazione.
Proviamo a fare qualche riflessione dopo aver visionato alcuni documenti, che sono custoditi e consultabili presso l’Archivio storico comunale di Monreale.
Negli anni della datazione dell’opera riportata sulla targa, e cioè 1862-63 il Leto, appena diciottenne insieme ad altri giovanissimi monrealesi viene avviato dal Consiglio Comunale (Deliberazione di Consiglio comunale,11 ottobre 1862) alla frequentazione della scuola degli “Artigianelli” di Palermo e vista l’intenzione di intraprendere lo studio delle belle arti più consone a Leto e agli altri giovani, il 12 aprile il 1863 il consiglio comunale delibera di commutare l’assegno per la citata frequenza in un sussidio per lo studio presso i più valenti maestri della vicina Palermo, accogliendo la richiesta dei nostri artisti.
In altre tre successive deliberazioni, rispettivamente del 24 aprile 1863, 6 maggio 1864 e 21 agosto 1864 vengono concessi assegni mensili per il mantenimento e l’incoraggiamento allo studio dell’arte.

In una lettera autografa dell’aprile 1867, il Leto rivolgendosi al Consiglio municipale chiede un sostegno economico per proseguire il cammino nello studio delle belle arti, “… qualunque mezzo s’abbia, qualunque studio ei faccia non è mai bastevole, onde riuscire a stampare una qualche orma nel cammino, che tracciarono con tanto splendore nel nome italiano i maestri dei tempi andati.” e dell’intenzione di mostrare un’opera in fase di ultimazione a dimostrazione del suo amore per il proprio paese natio, dichiarando la volontà di recarsi fuori i confini locali per approfondire e migliorare la sua arte.

Nell’ultima parte della lettera scrive “E il giovane per fare onore a se stesso e per essere nello stesso tempo grato e riconoscente verso coloro che gli preparano sì ridente avvenire spera presentare qual frutto del suo giovane ingegno un lavoro, ch’è sul punto di finire, onde possa Ella giudicare se egli coltivi ed ami le arti belle e il suo paese natio. Nutro speranza…”
Un mese dopo circa, Leto e lo scultore Di Giovanni chiedono l’aumento del sussidio, che il consiglio accorda per consentire di perfezionarsi nelle arti “recandosi in una delle più cospicue Città del Continente italiano.” e, a riprova della loro gratitudine i due artisti donano un’opera ciascuno, “testé donati al Municipio e rappresentanti il primo una prospettiva con le varianti di una catena di monti con custello, pianura e mare, e il secondo una statua in gesso dell’insigne monrealese Pietro Novelli, con naturali e ammirevoli mosse, che oggi adornano le aule del Palazzo Municipale”.

La descrizione sembrerebbe combaciare con l’opera del Circolo Italia, e dunque, anche la datazione di conseguenza non sarebbe quella apposta sulla targa, ma il 1867 anno della notizia del completamento dell’opera e della donazione riportata nella deliberazione del 13 maggio 1867.
Si ravvisa il compiacimento per l’iniziativa della prestigiosa galleria palermitana, auspicando che la visione delle opere possa essere da stimolo per le giovani generazioni e possa contribuire alla riscoperta di quelle personalità a noi vicine, che si sono distinte nei vari ambiti artistici.
Una comunità che trascura, o peggio dimentica i propri figli illustri e il proprio passato è una comunità che a poco a poco perde la propria identità.
L’auspicio è che Monreale onori la prestigiosa figura di Antonino Leto con iniziative future, incontri e giornate di studio con un maggiore impegno culturale indispensabile per la crescita dell’intera comunità, evitando di farsi ammaliare da mostre multimediali di indubbia validità, propinate da agenzie che poco hanno lasciato per lo sviluppo economico e culturale del nostro territorio.