Un'espressione tipicamente monrealese che denota impegno e senso di responsabilità
La lingua, com’è noto, è il grande vaso collettore in cui confluiscono e si depositano i fatti, le esperienze, gli usi e le tradizioni di un popolo o di una comunità per diventare non solo patrimonio culturale, ma anche risorsa espressiva trasformandosi in materiale riciclabile metaforicamente a scopo comunicativo o didattico - pedagogico ed etico.
Il singolo evento in tal modo perde i limiti della sua contingenza per acquistare una specialissima “immortalità”.
La locuzione in oggetto, isari a vara, è monrealese al cento per cento, perché si riferisce in modo evidente alla tradizionale processione del Crocifisso che ha luogo – a Monreale, appunto – il 3 maggio di tutti gli anni ed è caratterizzata dalla pesantissima bara (che accoglie il fercolo con la mirabile statua lignea di Gesù Crocifisso) trasportata per tutto il pomeriggio e fino a notte inoltrata da un numero imprecisabile di uomini biancovestiti, che si alternano a “grappoli” sotto le stanghe della vara per sollevare e reggere con terribile fatica il peso micidiale.
Ma è proprio grazie a questo sforzo enorme che può aver luogo la processione alla quale i monrealesi tengono moltissimo, partecipandovi in gran numero con le proprie richieste di grazie particolari o con i propri sentimenti di gratitudine per i benefici ricevuti.
Nel linguaggio corrente “isari a vara” significa addossarsi l’impegno maggiore (fisico, morale, economico, assistenziale ecc.) per risolvere una difficile situazione. Chi se lo assume, salvando qualcosa o qualcuno, merita riconoscenza.