Le metafore del nostro linguaggio quotidiano
Le locuzioni di questa puntata sono sostanzialmente dei paragoni, delle somiglianze e dunque delle metafore che trasferiscono in ambito semantico differente i significati primari. Ma la metafora, si sa, è la regina delle figure retoriche e se ne fanno di più in una giornata di mercato, tra il cicaleccio degli avventori, che in un trattato di retorica, tra la spocchia dei sapientoni o gli sbadigli degli studenti.
Avventuriamoci:
1) Abbagnaricci u pani – Bagnarci il pane
Non si allude alla saporita “scarpetta”, ma agli interventi maliziosi in discussioni che deridano qualcuno o in liti per spingerle all’eccesso o, peggio, in calunnie che rovinano le persone.
2) Aria netta nun havi paura ri trona - Il cielo sereno non teme i tuoni.
La coscienza pulita non ha motivo di temere.
3) Aviri la testa o caciu – Avere la testa al cacio
Avere un’idea fissa, intestardirsi in qualcosa, come il topo che non si dà pace finché non raggiunge il formaggio.
4)Chista è ‘a zita – Questa è la fidanzata
Si dice per invitare qualcuno a prendere atto, realisticamente, di una situazione di fatto.
5) Cu va ‘n Palermu e un viri Murriali parti sceccu e torna armali –
Chi va a Palermo e non vede Monreale parte asino (ignorante) e torna animale (bestia).
È proprio da bestie andare a Palermo e non visitare il meraviglioso duomo di Monreale: questa omissione aumenta il grado di ignoranza che degrada la persona allo stato animalesco (un po’ di campanilismo fa sempre bene).
6) Cu la voli cotta e cu la voli crura – Chi la vuole cotta e chi la vuole cruda
È l’incontentabilità umana, che accampa contemporaneamente i desideri più disparati. La frase pare sia stata detta da un monaco cuciniere esasperato dalle lamentele dei suoi confratelli sul grado di cottura della pasta; Sicchè per farli contenti la buttò nel pentolone in diverse riprese. Che il Padreterno abbia pietà di noi! (Ma come ci sopporta?!)
7) A scinnuta ogni Santu aiuta – In discesa ogni Santo aiuta
Che è come dire: volete molti aiutanti? Cercate di non averne bisogno e ne avrete uno stuolo (Però, pure i Santi!...)
8) Essiri a vintitrì uri e tri quarti – Essere a ventitre ore e trequarti
Essere agli sgoccioli della giornata, ma anche delle risorse finanziarie, fisiche, lavorative, vitali, ecc.
9) Essiri comu un turcu a prerica – Essere come un turco (cioè un musulmano) alla predica (cristiana).
Cioè non capire niente, né il linguaggio, né il messaggio. Ma vuol dire anche trovarsi a disagio in un ambiente totalmente diverso, se non ostile.
10) Essiri na cartata ri reschi – Essere un involto di lische di pesce
Si dice sprezzantemente di persona di infima qualità….
E non finisce qua! Ci incontreremo ancora, abbiamo una ricchezza linguistica impressionante: altro che “inferiorità” del dialetto!...
(continua)