Ricordo della poetessa monrealese Giulia Candido

Poesie tratte dal libro: "Taliu stu munnu"

“Tradizione” è ciò che si tramanda, ossia ciò che si consegna ai posteri perché ne vengano a conoscenza in quanto il “tramandato” ha valore.

Occupandomi, dunque, di tradizioni mi sono ricordata di un aureo libretto intitolato “Talìu stu munnu” contenente quarantadue componimenti poetici in lingua siciliana, appartenenti alla compianta professoressa Giulia Candido. Molti ricorderanno questa insegnante di lettere che per anni e anni, educando generazioni di monrealesi, profuse dalla cattedra nella Scuola Media “Guglielmo II” i tesori della sua lucida intelligenza, della vasta cultura, della profonda sensibilità, nascosti nella sua forma minuta e nella sua scorza un po’ ruvida. Giulia Candido aveva fortissimo il senso del dovere e non tollerava cedimenti e superficialità, impegnandosi con passione nell’espletamento della sua vocazione docente.

Pochi sanno che fu poetessa finissima in lingua siciliana “eletta [e cito il preside Francesco Cino Cipolla, autore della prefazione alla raccolta di poesie] come la più idonea ad esprimere sentimenti e passioni che non potrebbero trovare o, comunque, provocare completa risonanza espressiva, se pensati in un diverso idioma” considerando il prepotente sentimento della sua terra che spinge l’autrice ad identificarsi nella sua lingua.

Mi propongo, pertanto, di far conoscere in diverse occasioni alcuni componimenti che mi sembrano spie particolarmente significative del mondo interiore di Giulia Candido che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente con l’onore di esserle collega per alcuni anni. Leggendo i due testi sotto riportati a nessuno sfugge il solido sostrato culturale dell’impalcatura poetica (a partire dalle quartine o sestine di ottonari o dall’impianto classico delle rime) sostenuta dalla finezza del sentimento e dalla leggiadria delle immagini.