Amarcord: quella finale Italia-Germania vista in mezzo ai tedeschi

L’11 luglio del 1982 gli azzurri conquistavano il loro terzo titolo mondiale

La ricordo ancora e la ricordo perfettamente quella magica serata di 37 anni fa. Quell’11 luglio 1982, una data scolpita per sempre nella memoria di tutti gli sportivi italiani. Quel giorno si giocava Italia-Germania, che per molti non è “una” partita di calcio, ma “la” partita di calcio. Soprattutto se in palio c’è il titolo mondiale.

Si giocava a Madrid, nel tempio del Santiago Bernabeu, davanti a 90 mila spettatori. L’Italia ci arrivava dopo aver eliminato in semifinale con facilità irrisoria la Polonia, ma soprattutto dopo aver incredibilmente mandato a casa nei turni precedenti l’Argentina campione del mondo, forte del “Pibe” Diego Armando Maradona, ed il Brasile, la squadra più forte del mondiale, che agli argentini aveva rifilato tre gol, mentre a tutti gli altri, per non fare disparità, aveva regalato quattro pere.
La Germania, invece, dopo essere stata sotto per 3-1 nella semifinale contro la Francia di Platini ed essere stata quindi ad un passo dall’eliminazione, aveva riacciuffato il match, imponendosi ai calci di rigore, in ossequio alla teoria che vuole i tedeschi mai domi e sempre duri a morire.
C’erano tutti gli ingredienti, quindi, per una partita epica che, a prescindere dal risultato, avrebbe regalato il terzo titolo della storia ed entrambe le contendenti, entrambe, all’epoca, a quota due allori mondiali.


Roberta Giusti, annunciatrice tv ed indimenticabile “signorina Buonasera”, faceva da apripista per il collegamento in “Eurovisione”, quindi il mitico telecronista Rai, Nando Martellini dava il via al suo incipit in diretta “con profonda emozione”. Non era ancora l’epoca dell’Auditel e le rilevazioni degli ascolti avvenivano in maniera assai empirica. I dati di allora, però, parlavano di 37 milioni di telespettatori collegati in tutta la penisola.
Io mi trovavo ad Is Arenas, amena località balneare della Sardegna, in provincia di Oristano, dove mi ero recato con la mia famiglia ed a un cospicuo numero di monrealesi per un periodo di vacanze. Eravamo in Italia, quindi, ma sembrava di essere in Germania, dato l’altissimo numero di turisti tedeschi che invadevano (e invadono) le spiagge italiane e sarde in particolare. Ricordo ancora la meticolosità con cui il gestore del camping nel quale soggiornavo preparò la location nella quale seguire l’attesissimo match. Un tv color, fortunatamente di grosse dimensioni, era stato posto su una sorta di impalcatura a poco meno di due metri di altezza all’estremità di una grande terrazza, in modo che tutti, anche a distanza potessero vedere. I telespettatori, però, un po’ come si usava negli anni ’60 quando la tv ce l’avevano in pochi, dovevano portarsi la sedia da casa, che in questo caso era la roulotte, il camper o la tenda.
Inutile dire che già circa un’ora prima della partita, per evitare di dovermi piazzare in una posizione scomoda, ero già posizionato con la mia sedia, che faceva parte della dotazione della nostra roulotte di famiglia. Accanto a me mio cugino Tonino, al quale avevo riservato il posto per evitare che qualche dannato tedesco si piazzasse nei paraggi.


Parte il collegamento: la regia spagnola inquadra il presidente Pertini, seduto in tribuna accanto a Re Juan Carlos ed i tedeschi, che erano in maggioranza, cominciano a fischiare sonoramente. Ci restiamo male, ma la vendetta arriva subito dopo, quando il primo piano si trasferisce sul cancelliere tedesco Helmut Schmidt e noi italiani rendiamo pan per focaccia con dei “buuuuuuu”, che oggi vengono rivolti in maniera incivile ai giocatori di colore, ma che invece in quella circostanza furono indirizzati ad un esempio fulgido di razza ariana.
Poi comincia la partita: Bruno Conti viene atterrato in area da Hans Peter Briegel, futuro terzino del Verona di Bagnoli: calcio di rigore netto, che l’arbitro brasiliano Coelho fischia senza esitazione. Va Paolo Rossi sul dischetto – pensiamo tutti – il nostro Pablito che da solo ha mandato a casa il Brasile e la Polonia…. No, va Cabrini. Ma perché va Cabrini? “Il rigorista era lui”, dirà dopo mister Bearzot. Il risultato è che il Bell’Antonio, certamente il migliore terzino sinistro del mondo dell’epoca, tira una ciofeca inguardabile, che non centra nemmeno lo specchio della porta. Per noi è la disperazione, mentre i tedeschi, che già hanno consumato quantità di birra che sfiora i livelli di guardia, esultano come quando sconfissero i francesi di Napoleone III nella battaglia di Sedàn del 1870. Oriali, celebrato poi da una famosa canzone di Ligabue, gioca una partita da leone e quando prende l’ennesima “randellata” dal mastino Uli Stielike, Rino Terranova, amico di famiglia che componeva la pletora di monrealesi in vacanza in Sardegna, urla forte: “Scarponi siete, scarponi!!!”, prendendosela col gioco duro dei tedeschi.

Insomma, sembra una maledizione, ma fortunatamente non è così, perchè nella ripresa segniamo un gol ogni 12’ con Rossi, Tardelli e Altobelli, facendo rischiare l’incolumità al presidente Pertini, che, per sua stessa amissione, al terzo gol stava volando giù dal parapetto, ma soprattutto facendo esplodere di gioia tutta l’Italia.
Ricordo mio padre, solitamente calmo e compassato, salire su uno dei tavolini del bar, togliersi la maglietta azzurra, indossata per l’occasione e sventolarla al cielo. Ricordo l’inno di Mameli cantato a squarciagola, che in confronto pure “l’Allons enfant de la patrie” sembrava un motivetto qualunque. Ricordo i tedeschi che, moggi moggi, decidono di affogare il loro dispiacere in altra birra. Tanto per cambiare.
Per rivivere sensazioni simili ho poi dovuto aspettare 24 anni, quando il miracolo azzurro si ripeterà a Berlino nel 2006. Quella prima volta, però, come tutte le prime volte, non la dimenticherò mai.