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Lo scadimento etico della politica, fra vannaccismo e bandecchismo

| Nicola Giacopelli | L'opinione
fumetto di Nicola Giacopelli

MONREALE, 7 dicembre – È difficile restare indifferenti di fronte al diffondersi e all’affermarsi di posizioni politiche riconducibili al “vannaccismo” e al “bandecchismo”.

Le dichiarazioni, le iniziative e gli atteggiamenti del generale Roberto Vannacci, oggi parlamentare europeo, e del sindaco di Terni Stefano Bandecchi per molti risultano discutibili, se non del tutto inaccettabili. Tuttavia c’è una parte della popolazione - invero non del tutto minoritaria - che nei loro riguardi nutre simpatia, se non addirittura apprezzamento e ammirazione.

Ed è proprio su questo aspetto che appare opportuno interrogarsi. C’è da chiedersi perché mai ai tempi d’oggi ottengano considerazione e spazio personaggi privi di cultura democratica e di formazione politica, i cui tratti distintivi sono la rozzezza, l’arroganza e la superficialità.

Le risposte a questo interrogativo possono essere diverse. È facile, oltre che amaro e sconfortante, constatare che ormai sono sostanzialmente scomparsi i partiti politici, ai quali la nostra Costituzione attribuisce il nobile compito di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Evitando di abbandonarsi allo sterile nostalgismo, è innegabile che con la dissoluzione dei “veri” partiti - anche in ambito locale - hanno trovato spazio formazioni politiche senza ideali, raffazzonate e non di rado personalistiche o padronali, favorendo peraltro l’ascesa di personaggi (come appunto Vannacci e Bandecchi) che in altra epoca e in altri contesti sarebbero stati confinati nell’irrilevanza.

Sarebbe senz’altro un fuorviante errore ritenere che la cosiddetta “Prima Repubblica” sia stata una sorta di paradiso terrestre: ma è pur vero che per oltre un quarantennio, a partire dal secondo dopoguerra, la politica nazionale ha annoverato fra i suoi più autorevoli protagonisti figure integerrime e di elevatissimo profilo come Alcide De Gasperi, Giorgio La Pira, Aldo Moro, Tina Anselmi, Enrico Berlinguer e Sandro Pertini. E adesso?

Con il dilagare del populismo e della demagogia (anche sulla spinta del “grillismo”, oggi comunque al tramonto) ha poi trovato diffusione la convinzione che in campo politico chiunque possa fare qualsiasi cosa, arrivando anche a ricoprire ruoli istituzionali di alto o altissimo livello. E qualcuno maliziosamente starà forse pensando, a questo punto, all’ex-ministro Toninelli…

Il cardinale Carlo Maria Martini ha argutamente osservato che “la politica è l’unica professione senza una specifica formazione: i risultati sono di conseguenza” e che “il livello di allarme si raggiunge quando lo scadimento etico della politica non è neppure percepito come dannoso”. Le parole dell’illustre prelato, oggi più che mai, dovrebbero indurci ad una serie di ponderate riflessioni. Il processo degenerativo intrapreso dalla politica italiana è ormai irreversibile? Dobbiamo rassegnarci all’esaltazione e all’espandersi del vannaccismo e del bandecchismo? Lo scadimento etico a cui si riferiva il cardinale Martini è destinato a espandersi?

I fatti e le situazioni attuali ci spingono verso il pessimismo, è vero. E la circostanza che, ad ogni tornata elettorale, sono sempre meno numerosi i cittadini che si recano alle urne deve costituire motivo di grande e grave preoccupazione. Mentre la rassegnazione e l’indifferenza tendono ad assumere il sopravvento, molti politici (a tutti i livelli e dovunque, beninteso) si caratterizzano sempre più per lo sfrenato carrierismo, la sciatta faciloneria e il disinvolto trasformismo, scivolando talvolta nella cialtronaggine.

Per invertire la rotta, servirebbe una collettiva presa di coscienza che però, al momento, non si intravede all’orizzonte, neppure fra le giovani generazioni, se non in rari casi. Ed allora l’unico elemento che può rincuorarci è la illuminante presenza del Presidente Mattarella, le cui doti di equilibrio, saggezza, sobrietà e lungimiranza ne rivelano la dimensione di autentico gigante fra i nani.

· Enzo Ganci · Editoriali

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